Annullata la sentenza di patteggiamento che non dispone la confisca del profitto del reato di emissione per fatture inesistenti

Si segnala ai lettori del sito la recente sentenza numero 14972.2022, resa dalla Sezione terza penale della Suprema Corte che, pronunciatasi su una richiesta di applicazione pena concordata tra le parti per il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, ha statuito il principio di diritto secondo il quale il giudice di merito che definisce il giudizio con condanna ovvero, come nel caso di specie, accoglie la richiesta di “patteggiamento”  con la pena concordata tra la difesa dell’imputato e l’Ufficio del PM,  senza disporre la confisca del profitto del reato, viola il principio di legalità della pena.

 

La decisione del primo giudice.

Con sentenza ex art. 444 c.p.p. il Tribunale di Macerata applicava all’imputato, tratto a giudizio per il reato di cui all’art. 8 d.lgs. n.74/2000, la pena concordata tra le parti per aver emesso e rilasciato a favore di un terzo soggetto, in qualità di legale rappresentante pro-tempore di una società di persone, fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

 

Il ricorso per cassazione del PG, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Contro la sentenza resa dal G.i.p. interponeva ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Ancona articolando un unico motivo, con il quale denunciava l’illegalità della pena per avere il giudice del merito omesso di disporre la confisca prevista, come noto, dall’art.12 bis del d.lgs. 74/2000.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo della confisca.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento di maggiore interesse per la presente nota:

“Essendo il reato in esame compreso tra quelli di cui al d.Igs. 74/2000 per i quali la confisca è prevista obbligatoriamente dall’art.12 bis, l’omessa pronuncia da parte del Tribunale lombardo integra, in quanto difforme dal modello legale previsto come obbligatorio, una statuizione illegale, non risultando il giudice che emetta una sentenza di patteggiamento sia vincolato dall’accordo inter partes a fronte di una statuizione sottratta alla sfera di disponibilità delle parti e che non afferisce all’accordo negoziale concluso dalle medesime.

E’ ben vero che solo l’utilizzatore delle fatture relative ad operazioni inesistenti ottiene automaticamente un profitto pari al risparmio di imposta che consegue con l’inserimento nella dichiarazione dei redditi o sul valore aggiunto delle fatture per operazioni inesistenti realizzando l’accrescimento, per l’appunto fittizio, dei costi, e che altrettanto non avviene per l’emittente che, realizzando invece una divergenza tra la realtà commerciale e l’espressione documentale della stessa, non acquisisce con l’emissione della falsa fattura alcun vantaggio fiscale: ma non per questo può omettersi di considerare che il reato di cui all’art. 8 d. Igs.74/2000, proprio perché finalizzato a consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, implica, di norma, l’incameramento da parte del suo autore di un compenso, quand’anche inferiore al profitto, ovverosia al risparmio di imposta, conseguito dall’utilizzatore delle fatture ideologicamente false, corrispondente al prezzo del reato medesimo.

Poiché nella specie nulla è stato disposto né argomentato dal giudice di merito in ordine alla confisca obbligatoriamente prevista, né sono state evidenziate le ragioni che imponessero di escludere l’applicazione della misura ablatoria, deve disporsi l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente a tale punto che, in quanto oggetto di statuizione officiosa del giudice, non incide sull’accordo negoziale concluso dalle parti, con conseguente rinvio al Tribunale di Macerata affinché si pronunci sulla confisca”

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA