Da rifare il processo di appello se la sentenza non motiva adeguatamente sul dolo richiesto nella bancarotta fraudolenta documentale “specifica”
Si segnala ai lettori del sito la recente sentenza numero 15282.2022, resa dalla quinta terza penale della Corte di cassazione che pronunciatasi in ordine ad una imputazione di bancarotta fraudolenta documentale “specifica”, ha ravvisato il lamentato vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui non aveva reso esplicite le ragioni per le quali era stata ritenuta raggiunta la prova dell’elemento psicologico del reato in capo agli imputati.
La sentenza in commento si inserisce nell’alveo del dominante orientamento di legittimità secondo il quale le ipotesi di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili richiedono la prova del dolo specifico.
L’imputazione ed il doppio grado di merito.
La Corte di appello di Brescia confermava la condanna dei due imputati, tratti a giudizio in concorso tra loro per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, per averlo commesso nelle rispettive qualità di amministratore di diritto e amministratore di fatto di una società di capitali.
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale interponevano ricorso per cassazione le difese degli imputati articolando plurimi motivi di impugnazione impingenti, per quanto qui di interesse, anche il tema della insussistenza del dolo specifico richiesto per la condotta degli imputati come emersa nel corso del dibattimento.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso limitatamente al profilo del vizio di legge e motivazione afferente il tema della colpevolezza, annullando con rinvio la sentenza impugnata.
Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento di maggiore interesse per la presente nota alla sentenza numero 15282.2022:
“ …La bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2legge fall. prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico;
– quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e richiede il dolo generico (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838; Sez.5, n. 26379 del 05/03/2019, Inverardi, Rv. 276650; Sez. 5, n. 43966 del28/06/2017, Rossi, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno,Rv. 269904).
Anche l’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può essere ricondotta, sotto il profilo dell’elemento materiale, nell’alveo di tipicità dell’art. 216 comma 1 n.2legge fall. (prima ipotesi), tuttavia è necessario che la condotta sia sorretta da dolo specifico; occorre, cioè, accertare che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori, perché altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 legge fall. e punita a titolo di bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 25432 del 11
aprile 2012, De Mitri, Rv. 252992).
Nel caso in esame il fatto materiale accertato dai giudici di merito, sulla scorta delle indicazioni fornite dal curatore fallimentare, consiste nella “totale assenza di documentazione sociale e contabile successiva al 31 ottobre 2008”
I giudici di primo e secondo grado non specificano se si tratti di una ipotesi di sottrazione, di distruzione o di omessa tenuta (la Corte di appello, in alcuni passaggi utilizza una terminologia equivoca che richiama la irregolare tenuta, o la “mal tenuta” delle scritture contabili); è certo, però, che la condotta accertata è riconducibile, in ogni caso, alla prima delle due fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 legge fall.,vale a dire a quella “a dolo specifico”, rappresentato dallo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori
Il Tribunale tralascia completamente di affrontare la questione sull’elemento soggettivo.
La Corte di appello, investita di gravame sul punto, si limita a sostenere chela “mal tenuta delle scritture contabili” (rectius la sottrazione, distruzione, omessa tenuta) è stata “consapevole e volontaria” (pag.10), senza alcun riferimento aldolo specifico e segnatamente al fatto che gli imputati abbiano agito allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
Tale vizio motivazionale comporta l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA