Nesso di causalità e giudizio controfattuale: per poter affermare la penale responsabilità del sanitario non è sufficiente il richiamo del giudice di merito al dato statistico del 50% di possibilità di sopravvivenza del paziente

Si segnala ai lettori del sito la sentenza numero 7099/2022, resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, all’esito dello scrutinio di legittimità su un  caso responsabilità sanitaria per colpa omissiva, ha annullato la sentenza impugnata per non avere  i giudici del merito operato buon governo delle regole del giudizio penale controfattuale da seguire per valutare la sussistenza o meno del nesso di causalità tra inazione ed evento di danno (morte o lesioni del paziente).

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Ai due medici tratti a giudizio era stato contestato il delitto p. e p. dagli artt.113 e 589 cod. pen. perché, in cooperazione tra loro e nelle rispettive qualità di primario e capo equipe del reparto di chirurgia generale del nosocomio, cagionavano il decesso della paziente, con colpa consistita in generica imperizia, imprudenza e negligenza nell’esercizio della professione sanitaria e nella specifica violazione di quanto previsto dalle buone pratiche clinico-assistenziali, decidendo di insistere nel trattamento conservativo, malgrado la paziente fosse affetta da peritonite evidenziata dalla diagnostica per immagini.

In particolare, secondo l’editto accusatorio, i sanitari omettendo di dar luogo senza ritardo alla procedura chirurgica di drenaggio percutaneo che avrebbe consentito di trattare più efficacemente la grave infezione settica, non consentivano alla paziente di beneficiare delle chanches di sopravvivenza.

Sia il giudice di prime cure  – che decideva con rito abbreviato, sia la Corte territoriale investita dell’appello,  avevano ritenuto di poter affermare la penale responsabilità dei due chirurghi sulla base delle conclusioni cui erano giunti  i periti (acquisite in sede di incidente probatorio) i quali avevano ritenuto sussistente in misura pari al 50% la possibilità di sopravvivenza della paziente, qualora gli imputati avessero tempestivamente eseguito l’intervento di drenaggio (poi effettivamente eseguito, ma con ritardo).

Il ricorso in cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa dei prevenuti interponeva ricorso per cassazione avverso la pronuncia delle corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione stigmatizzando, per quanto di interesse per il presente commento, l’erronea applicazione dei principi che informano l’accertamento del nesso causale nei reati omissivi impropri.

I Giudici di legittimità, nell’annullare con rinvio la sentenza impugnata, hanno statuito il presente principio di diritto, dando continuità ad un precedente arresto giurisprudenziale che presentava significativi elementi di analogia con la fattispecie in scrutinio:

Corretto è il riferimento che si opera in ricorso al dictum di questa Sez. 4n. 24922 del 15/3/2019, Di Luzio ed altro, non mass. relativa ad un caso che presenta aspetti similari rispetto a quello che ci occupa (in quel caso si trattava di una tardiva diagnosi di peritonite).

In quel caso -come in quello in esame – la motivazione dei giudici del gravame del merito si palesava carente e non conforme ai principi di diritto in tema di accertamento del nesso di causalità, con specifico riferimento all’ambito della colpa medica, nella parte in cui i giudici di merito si erano limitati a sostenere che una corretta diagnosi dei medici, nelle date indicate, avrebbe consentito di salvare la vita alla persona offesa in termini di «elevata probabilità ed in particolare in termini maggiori del 59%», secondo quanto riferito dai consulenti tecnici del PM.

Ebbene, correttamente quella affermazione venne ritenuta chiaramente erronea, oltre che manifestamente illogica e contraddittoria, essendo “evidente che una percentuale intorno al 59% non può costituire indice di elevata probabilità di sopravvivenza, non fosse altro perché residuerebbe una altrettanto percentuale di morte della paziente pari al 41%. (così a pag. 11 della motivazione del precedente richiamato).

In quel caso, come in quello in esame – in cui, peraltro, il dato statistico è anche più basso (il 50%) ed attiene ai pazienti non trattati – l’argomentazione adottata dalla Corte territoriale aveva trascurato di considerare i precisi insegnamenti della giurisprudenza di legittimità in tema di nesso causale riguardo alla necessità di corroborare i dati statistici provenienti dalle leggi scientifiche utilizzate, con precisi elementi fattuali di carattere indiziario idonei a comprovare con elevato grado di credibilità razionale che una tempestiva diagnosi dei medici avrebbe certamente salvato la vita della paziente.

Nulla di tutto questo è presente nella sentenza oggi impugnata al di là di generiche considerazioni sulle buone condizioni di salute, che evidentemente non possono spostare più di tanto il dato percentuale di mortalità (intorno al 50%) particolarmente elevato”

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA