La Cassazione torna a definire il concetto di lesione personale causalmente ricollegabile alla colpa medica

Si segnala ai lettori del sito la sentenza numero 8613/2022, resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, all’esito dello scrutinio di legittimità su un  caso di colpa medica per lesioni colpose ascritte al medico di chirurgia oncologica è tornata a definire il concetto di lesione personale prodotta dall’operato (omissivo o commissivo) del sanitario.

 

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio grado di merito.

Secondo l’editto accusatorio, l’imputato avrebbe, per negligenza, imprudenza e imperizia, non attenendosi alle linee guida, omesso di asportare in sede di primo intervento chirurgico linfonodi maligni alla persona offesa, aggravandone il quadro patologico, in particolare, non effettuando la biopsia percutanea e l’esame istologico intraoperatorio, così aumentando il rischio quoad vitam e cagionando alla stessa lesioni gravi, consistite nella sottoposizione ad altro intervento chirurgico, con conseguente incapacità di attendere alle proprie occupazioni durante il ricovero e le successive terapie per un periodo superiore a 40 giorni.

La Corte di appello di Messina confermava in punto di penale responsabilità  la sentenza di condanna emessa dal tribunale cittadino, riformando la sentenza di primo grado limitatamente al trattamento sanzionatorio.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

La difesa del prevenuto interponeva ricorso per cassazione avverso la pronuncia delle Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione stigmatizzando, per quanto di interesse per il presente commento, la erronea sussunzione del fatto di reato accertato in dibattimento nel concetto di malattia.

La Suprema corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazione della sentenza numero 8613.2022 afferenti la questione giuridica del concetto di malattia rilevante in sede penale con specifico riferimento alla colpa medica:

“…Quanto, invece, al collegamento etiologico tra la condotta gravemente colposa ritenuta in capo al [omissis] e la causazione di una malattia superiore a 40 giorni, il ragionamento della Corte territoriale, nel suo complesso, resiste alle censure difensive, pur dovendosi precisare la cornice giuridica in cui tale valutazione va inquadrata, con specifico riferimento alla individuazione del concetto di malattia penalmente rilevante.

Sul punto, pur rilevandosi che, ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali, la nozione di malattia non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono anche mancare, bensì solo quelle da cui derivi una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l’aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell’organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa (cfr. sez. 5, n. 33492 del 14/5/2019, Gattuso, RV. 276930, in fattispecie relativa ad aggressione consistita in una “tirata di capelli”, nella quale la Corte ha annullato con rinvio la decisione di merito che si era limitata a dar conto del referto medico che riportava, quale conseguenza a carico della vittima, “dolore in regione occipitale guaribile in giorni due”), il concetto di “malattia” penalmente rilevante merita tuttavia di essere ulteriormente definito.

Il giudice di legittimità ha già chiarito che il legislatore, misurando la durata della malattia in termini di tempo necessario alla guarigione o al consolidamento definitivo degli esiti della lesione dalla quale è derivata, ha assegnato al tempo un “peso” che incide sulla “quantità della sanzione”, ponendo all’interno della risposta dell’ordinamento penale l’intervallo necessario per il raggiungimento di un nuovo stato di stabile benessere della persona offesa, ancorché degradato.

Tale premessa giustifica la condivisibile conclusione, di recente espressa da questa stessa sezione con decisione cui anche la Corte territoriale ha fatto opportuno rinvio nella sentenza impugnata: ogni condotta colposa che intervenga sul tempo necessario alla guarigione, pur se non produca ex se un aggravamento della lesione e della perturbazione funzionale, assume rilievo penale ove generi una dilatazione del periodo necessario al raggiungimento della guarigione o della stabilizzazione dello stato di salute (cfr., in motivazione, sez. 4, n. 5315 del 8/11/2019, dep. 2020, Lipari).

Pertanto, va ribadito anche in questa sede il principio secondo cui, in tema di responsabilità medica, integra il reato di lesioni colpose la condotta anti doverosa del sanitario che determini l’aumento del periodo di tempo necessario alla guarigione o alla stabilizzazione dello stato di salute del paziente (cfr. sez. 4 n. 5315/2020, cit., Rv. 278437).

Alla stregua di tale principio, pertanto, deve ritenersi che, nella specie, il ragionamento svolto dalla Corte territoriale è corretto limitatamente all’intervallo temporale tra i primi due interventi e il terzo, periodo durante il quale il conclamato stato patologico riscontrato sin dalla diagnosi che ha portato alla prima operazione ha continuato a permanere senza alcun intervento inteso ad avviarne la regressione e successiva risoluzione, ciò che avverrà solo all’esito del terzo intervento.

Pertanto, se è errato affermare, come ha fatto la Corte di merito, che la malattia ha coperto tutti gli interventi effettuati sulla [omissis], atteso che le terapie successive al terzo avrebbero dovuto comunque essere somministrate all’esito del primo, ove correttamente condotto, è tuttavia sicuro che, nella specie, vi è stato un prolungamento della condizione patologica della paziente direttamente collegato alla grave imperizia del primo chirurgo che l’ha avuta in cura.

A tal fine, pare dirimente osservare come il terzo intervento sia stato effettuato nel giugno 2014, ben oltre quaranta giorni dall’inutile intervento effettuato a dieci giorni di distanza dal primo (il 18/11/2013) e il prolungamento di tale stato patologico, causalmente collegato alla grave imperizia del [omissis], deve ritenersi cessato il giorno del terzo intervento (4/6/2014)”

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA