La Cassazione apre spazi difensivi per il reato di omesso versamento Iva

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 19651/2022 – depositata il 19.05.2022, resa dalla sezione terza penale della Corte di cassazione e trasmessa all’Ufficio del Massimario per l’annotazione del relativo principio di diritto che, pronunciatasi in ordine ad una imputazione di omesso versamento Iva, non ha ritenuto adeguatamente motivata la sentenza impugnata che aveva disatteso le argomentazioni difensive introdotte con l’atto di appello senza operare il dovuto vaglio critico.

La pronuncia in commento, pur inserendosi nell’alveo del più che dominante – direi granitico – orientamento di legittimità, che non riconosce alla crisi di impresa di per sé efficacia scriminante del rispetto obbligo giuridico di versamento dell’imposta indiretta, appare molto interessante nella misura in cui si confronta con le allegazioni difensive non scrutinate in grado di appello giudicandole, viceversa, degne di più specifica analisi, pretermessa dalla Corte di appello di Ancona che non aveva proceduto alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.

Nel caso specifico, dalla lettura della lettura trama argomentativa della sentenza 19651/2022,   si ricava che l’annullamento con rinvio per il nuovo giudizio di merito è stato motivato dalle seguenti illogicità e  carenze argomentative della sentenza impugnata  che ha definito il grado di appello:

“- si sostiene illogicamente che il supplemento istruttorio richiesto è privo di decisività, a fronte della molteplicità degli elementi fattuali o valutativi offerti dalla relazione di consulenza di parte, mentre l’appellante aveva fatto preciso riferimento ai documenti e i verbali di altri procedimenti rilevanti ai fini della decisione sulla natura e le circostanze della crisi economica, nonché sul comportamento dell’imputato per fare fronte alla stessa;

– si aggiunge, con passaggi non sufficientemente argomentati, che l’imputato avrebbe dato preferenza ad altri pagamenti pretermettendo il versamento delle imposte all’erario;

– si attribuisce rilievo, a fronte di una perdita del fatturato di circa il 25% tra il 2013 e 2014, ad un elemento, quale la conservazione di un volume di affari di 19 milioni di euro, di per sé neutro, se non adeguatamente contestualizzato e circostanziato, ai fini della verifica dell’effettiva sussistenza di uno stato di crisi d’impresa;

– non vi è adeguata motivazione circa il ricorso dell’imputato al credito e circa le ragioni di tale ricorso e le relative tempistiche, in relazione alla volontà di estinguere i debiti tributari;

– non vi è un’adeguata valutazione della dettagliata prospettazione difensiva secondo cui vi erano rilevantissimi insoluti da parte dei principali clienti, mentre la sentenza asserisce che la riscossione non è in discussione nel caso di specie;

– quanto al mutamento, sfavorevole alla società dell’imputato, delle condizioni e dei prezzi di fornitura della materia prima, la sentenza si limita alla valorizzazione in senso negativo della mancanza di ricerca di alternative di mercato, in realtà puramente ipotetiche ed eventuali.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA