Il punto della Cassazione sull’amministratore di fatto nei reati tributari.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza numero 20552.2022 – depositata il 26.05.2022 resa dalla Sezione terza penale della Suprema Corte pronunciatasi sul reato tributario di occultamento delle scritture contabili commesso dall’amministratore di fatto della società.

La sentenza in disamina si inserisce nell’alveo del dominante orientamento di legittimità secondo il quale per la individuazione del soggetto attivo del reato  va privilegiato il criterio funzionalistico, o dell’effettività, e il dato fattuale della gestione sociale  che deve prevalere su quello solo formale connesso all’assunzione della carica.

La responsabilità dell’amministratore di diritto discende, al contrario, dalla mancata osservanza dei doveri propri che discendono dalla carica sociale assunta con i relativi doveri di vigilanza, fatti salvi i casi (che costituiscono una eccezione) della impossibilità di esercitarli, da provare nel processo con tutti gli oneri relativi.

 

L’imputazione ed il doppio grado di merito.

La Corte d’Appello di Ancona confermava la decisione del Tribunale di Fermo che aveva condannato, in concorso tra loro, alla pena ritenuta di giustizia, sia l’amministratore di diritto, sia quello di fatto di una società di capitali,  per il  reato di cui all’art.10, d.Igs. n.74 del 2000.

Secondo l’editto accusatorio entrambi, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, occultavano le fatture emesse per finalità commerciale.

Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che i giudici del merito avevano ritenuto sussistente una gestione occulta della società sulla base delle seguenti circostanze provate nel corso dell’istruttoria dibattimentale:

1)  l’imputato era stato amministratore di diritto della stessa società per oltre 5 anni;

2) lo stesso aveva presentato varie denunce per conto della società (per smarrimento o danneggiamento di beni aziendali),

3)   il padre – amministratore di diritto nel periodo della contestazione penale –   aveva un’età molto avanzata (81 anni);

4)  la Guardia di Finanza all’esito di un accesso all’abitazione dell’imputato, poi ricorrente per cassazione, aveva rinvenuto documentazione contabile della società, fatto questo ritenuto dai magistrati giudicanti non giustificabile se non per ragioni di tipo gestorio.

 

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

La difesa dell’imputato condannato perché ritenuto vero dominus della società, proponeva ricorso per cassazione contro la sentenza di appello, contestando anche il capo della sentenza che lo aveva qualificato amministratore di fatto della persona giuridica.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento di maggiore interesse per la presente nota:

<…..Ai fini dell’attribuzione della qualifica di amministratore di fatto è necessaria la presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare ed il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione” (Sez. 5 – ,Sentenza n. 45134 del 27/06/2019 Ud. (dep. 06/11/2019) Rv. 277540- 01).

La configurazione dell’amministratore di fatto inoltre è legislativamente prevista nell’art. 2639, comma 1, del Codice civile: “Peri reati previsti dal presente titolo al soggetto formalmente investito della  qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione”.

L’amministratore di fatto oltre ai reati societari, di cui all’art. 2639 cod. civ., risponde anche di altri reati commessi in tale veste (vedi Sez. 5, n. 39535 del 20/06/2012 – dep.08/10/2012, Antonucci, Rv. 253363, per i reati fallimentari, e Sezione terza n 23425 del 28/04/2011 – dep. 10/06/2011, Ceravolo, Rv. 250962, per i reati finanziari del d. Igs. n. 74 del 2000).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA