Alla condanna per reati tributari commessi a far data dal gennaio 2008 segue obbligatoriamente la confisca del profitto del reato

Si segnala ai lettori del sito la recente numero 23833.2022, depositata il 21.06.2022, resa dalla sezione terza penale della Corte di cassazione pronunciatasi sul tema della confisca del profitto del reato tributario a seguito di sentenza di condanna o di applicazione pena.

La sentenza in commento risulta molto interessante soprattutto nel passaggio della motivazione nel quale viene precisato che la misura ablatoria del patrimonio dell’imputato è resa obbligatoria a far data dall’entrate in vigore della  l’art. 1 comma 143 L. 244/2007 (Legge finanziaria 2008) il quale disponeva che “nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter,10-quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’articolo 322-ter del codice penale

 

Il capo di imputazione e la sentenza di condanna di primo grado. 

Il Tribunale di Bergamo affermava la penale responsabilità dell’imputata in ordine alla imputazione di omesso versamento delle somme dovute in relazione all’accollo di un debito della società (della quale risultava legale rappresentante)  verso l’Erario, in quanto compensate con crediti Ires della società da costei amministrata rivelatisi inesistenti.

La giudicabile veniva, pertanto, condannata alla pena di un anno di reclusione, oltre alle pene accessorie, senza tuttavia disporre, come, invece, previsto espressamente dall’art. 12-bis del citato dlgs in caso di condanna od anche di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. per uno dei delitti dal medesimo decreto legislativo previsti, la confisca dei beni che avrebbero costituito, quanto al caso di specie, il profitto del reato in esame, corrispondente al mancato versamento di un debito per un ammontare corrispondente al credito inesistente o non spettante all’imputata.

 

Il ricorso del Procuratore Generale, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

Contro la sentenza suddetta proponeva ricorso per cassazione (per saltum) il Procuratore Generale presso  la Corte di appello di Brescia articolando un unico motivo con il quale lamentava, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 12-bis d. Igs. 74/2000, la mancata disposizione della confisca, nella misura corrispondente all’importo non versato all’Erario.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso annullando con rinvio la sentenza impugnata.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento di maggiore interesse per il presente commento:

“Osserva questa Corte che effettivamente il Tribunale di Bergamo ha, con la sentenza impugnata, affermato la penale responsabilità della [omissis] in ordine alla imputazione alla stessa contestata relativa all’omesso versamento delle somme dovute in relazione all’accollo di un debito della società [omissis] s.r.l. verso l’Erario in quanto compensate con crediti Ires della società da costei amministrata rivelatisi inesistenti, condannandola, pertanto, alla pena di un anno di reclusione, oltre alle pene accessorie, senza tuttavia disporre, come, invece, previsto espressamente dall’art. 12-bis del citato dlgs in caso di condanna od anche di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. per uno dei delitti dal medesimo decreto legislativo previsti, la confisca dei beni che avrebbero costituito, quanto al caso di specie, il profitto del reato in esame, corrispondente al mancato versamento di un debito per un ammontare corrispondente al credito inesistente o non spettante all’imputata.

Va ciò nondimeno rilevato che la disposizione sopra indicata è entrata in vigore a seguito delle modifiche apportate per effetto del dlgs n. 158 del 2018 in data 22 ottobre 2015, quindi successivamente alla data del commesso reato che, come risulta dal capo di imputazione, risulta essersi perfezionato in data 1.7.2015.

Essendo tuttavia all’epoca vigente l’art. 1 comma 143 L. 244/2007 (Legge finanziaria 2008) il quale disponeva che “nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter,10-quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’articolo 322-ter del codice penale”, non può non rilevarsi la sostanziale sovrapponibilità, comunque rinvenibile con riferimento al reato in contestazione, delle suddette previsioni, alla luce del richiamo dell’art. 322 ter cod. pen., con quelle del successivo art. 12 bis d. Igs. 74/2000 e, conseguentemente, la piena continuità normativa tra le stesse previsioni, tale da escludere qualunque questione di diritto intertemporale ai sensi dell’art. 2 cod. pen. (Sez. 3, Sentenza n. 50338 del 22/09/2016, Rv. 268386). Ciò posto, e per venire al caso di specie, va allora ribadito che, in ragione delle norme appena richiamate, la confisca “diretta” o “per equivalente” del profitto del reato costituisse anche all’epoca della pronuncia in esame oggetto di pronuncia obbligatoria”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA