Le regole del giudizio controfattuale in sede penale: la Cassazione emenda gli errori commessi dai giudici di merito ed assolve il medico condannato nei due precedenti gradi di giudizio

Segnalo la sentenza numero 32241/2022 – depositata il 02.09.2022, resa dalla sezione quarta penale della Corte di Cassazione, che ha affrontato un caso di responsabilità professionale ascritta ad un chirurgo assolto in sede di legittimità per non avere commesso il fatto, facendo corretta applicazione delle regole giuridiche che informano il giudizio controfattuale delle quali non avevano fatto buon governo i giudici nei gradi di merito.

La sentenza è di interesse per gli operatori del diritto che si occupano della materia medico – legale, in quanto affronta il temi del nesso causale  da valutare  in termini controfattuali qualora, come nel caso di specie, l’imputazione per la quale viene disposto il rinvio a giudizio stigmatizza una colpa omissiva del sanitario.

 

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza con la il Tribunale cittadino aveva ritenuto l’imputato, tratto  a giudizio nella qualità di medico in servizio presso il reparto di neurochirurgia di un ospedale della capitale, responsabile del reato di cui all’art. 583 comma 1, n. 2 cod. pen. perché, per colpa consistita in imperizia in particolare nell’eseguire l’intervento chirurgico di discectonnia e posizionamento di una protesi della paziente [omissis] omettendo di rimuovere completamente l’ernia, costringendo la paziente a sottoporsi ad un secondo intervento, aveva cagionato alla stessa l’indebolimento permanente dell’organo della fonazione e lo aveva condannato alla pena di euro 500,00 di multa oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita da liquidarsi in sede civile, oltre al pagamento di una provvisionale di Euro 15.000.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa del sanitario proponeva ricorso per cassazione contro la decisione resa in grado di appello articolando plurimi motivi di doglianza, tra i quali, per quanto di interesse per la presente nota, ne articolava uno denunciando vizio di legge e di motivazione per il palese errore nel quale erano incorsi prima il Tribunale e poi la Corte di Appello di Roma, nel ritenere sussistente il nesso causale tra il danno all’organo fonatorio riportato dalla paziente e la presunta, parziale, rimozione dell’ernia, secondo l’accusa causa del secondo intervento.

I Giudici di legittimità hanno accolto integralmente il ricorso ed assolto l’imputato con la formula per non aver commesso il fatto ,annullando la sentenza impugnata anche agli effetti civili.

Di seguito si riportano i più significativi passaggi  giuridici estratti dalla trama argomentativa della sentenza in commento:

“ Va premesso che l’addebito a titolo di colpa presuppone che, una volta individuata una trasgressione a norma cautelare, sia possibile affermare che lancondotta doverosa avrebbe evitato l’evento illecito. Si tratta, come ben noto, dell’operazione che va sotto il nome di giudizio controfattuale che richiede innanzitutto che venga preliminarmente descritto ciò che è accaduto; solo dopo aver accertato “che cosa è successo” (si propone al riguardo la definizione di “giudizio esplicativo“) è possibile chiedersi cosa sarebbe stato se fosse intervenuta la condotta doverosa (“giudizio predittivo”).

Il giudizio contro fattuale, imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, o, in ipotesi di condotta commissiva, l’assenza della condotta commissiva vietata, avrebbe potuto evitare l’evento (cd. Giudizio predittivo) richieda preliminarmente l’accertamento di ciò che è effettivamente accaduto (cd. giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta (cfr. ex multis Sez. 4, n. 23339 del 31/1/2013, Giusti, Rv. 256941)

Già in precedenza, peraltro, questa Corte di legittimità aveva affermato che in tema di responsabilità medica, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia o dell’intervento consente l’analisi della condotta sicché ancor prima di applicare il c.d. giudizio controfattuale, è necessario individuare con precisione quanto effettivamente è naturalisticamente accaduto (c.d. giudizio esplicativo), al fine di verificare, su siffatta incontrovertibile ricostruzione, se la identificazione di una condotta omessa possa valutarsi come adeguatamente e causalmente decisiva in relazione alla evitabilità dell’evento (vedi Sez 4, n. 416 del 12.11.2021, Castriotta, Rv. 282559).

Ebbene, dalla lettura delle due sentenze di merito che, trattandosi di c.d. doppia conforme, costituiscono un unico apparato motivazionale, si evince che detti canoni ermeneutici non sono stati rispettati.

Ed invero il giudizio esplicativo è stato condotto senza tenere conto di tutti gli elementi emersi nel corso del dibattimento, con particolare riguardo alla situazione sussistente al momento in cui il [dott. omissis] ha terminato il primo intervento e quella che ha indotto il Dott.[omissis]ad effettuare il secondo.

In particolare il giudizio esplicativo è stato formulato in termini di certezza probabilistica in ordine ai due aspetti nodali della vicenda ovvero l’origine del frammento discale e della sintomatologia algica lamentata dalla [omissis].

Va in primis chiarito che nel processo che ci occupa non è mai stato agitato il tema della correttezza della scelta della metodologia chirurgica intrapresa sia nel primo che nel secondo intervento (anche se per quest’ultimo non vi è stato alcun accertamento) atteso che è emerso dai giudizi dei consulenti tecnici come dato incontroverso che la metodologia prescelta era stata appropriata in entrambi gli interventi in relazione al quadro patologico riscontrato e alla sintomatologia algico-disfunzionale accusata dalla paziente (vedi pg. 7 sentenza impugnata).

Con riguardo all’origine del frammento discale residuato in recesso sinistro C6- C7, entrambe le sentenze danno atto della possibilità che lo stesso possa essere stato o un residuo discale non rimosso colposamente nel corso del primo intervento o invece una “recidiva” e/o una migrazione di frammenti.

La sentenza impugnata con affermazione apodittica ritiene, invece, provato che il [omissis] a causa di un approccio “eccessivamente prudente tenuto nel corso del primo intervento chirurgico, si sia astenuto dal rimuovere completamente i frammenti discali presenti prima di apporre la protesi” giungendo a tale conclusione sulla scorta degli esiti della RM rachide cervicale del 6.3.2014 da cui emerge la presenza di un’ernia residua nonché dalla cartella clinica dell’intervento eseguito dal medesimo in cui non era stato specificato che la rimozione del disco e delle ernie si era spinta in profondità fino alla dura madre ritenendo quindi che la mancata menzione di tale circostanza valesse ad escludere una rimozione così radicale.

Su tali basi, la sentenza recepisce il giudizio dei consulenti tecnici del PM e della parte civile secondo cui era “del tutto probabile” che non si trattasse di una recidiva ma di un frammento residuo di cui era stata omessa la rimozione nel corso dell’intervento.

Con affermazione altrettanto apodittica ha ritenuto del tutto residuale, invece, l’ipotesi alternativa, ovvero quella della recidivanza, sostenuta dalla difesa dell’imputato, corroborata, secondo quanto emerge dalla sentenza, dalla deposizione del dott. [omissis], che parla di frammento “di nuova creazione” e dalle altre testimonianza che riferiscono di una completa rimozione del frammento prima dell’esecuzione dell’intervento da parte del [omissis], peraltro non contraddetta da una espressa indicazione della cartella clinica che si limita a non menzionare la circostanza che la discectomia si fosse spinta fino alla dura madre.

La sentenza si rivela altresì contraddittoria laddove esclude la tesi dell’ipotizzata migrazione di materiale discale verso la radice nervosa in ragione del fatto che il [omissis] avrebbe posizionato una protesi nello spazio intervertebrale C6-C7 ritenendo invece compatibile con l’inserimento di una protesi la mancata rimozione di un frammento discale”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA