La prassi operativa invalsa in ambito ospedaliero seguita dal chirurgo non esclude la colpa grave conseguente all’inosservanza delle linee guida.
Segnalo la sentenza numero 39015.2022 – depositata il 17.10.2022, resa dalla sezione quarta penale della Cassazione chiamata a pronunciarsi su una ipotesi di reato di omicidio colposo ascritto ad un sanitario di un centro di cura per neurolesi che nel posizionare il sondino per la nutrizione gastrica del paziente allettato inserisce il presidio terapeutico nella trachea anziché nell’esofago.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto di dare continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale la mancata osservanza delle linee guida da parte del sanitario nella esecuzione (accertata come errata) di un atto chirurgico, costituisce condotta connotata da colpa grave non scriminata né dal Decreto Balduzzi, né dal successivo apparato normativo introdotto con la legge Gelli – Bianco.
Il caso clinico, l’imputazione ed il doppio grado del giudizio penale.
Secondo quanto è dato ricavare dalla lettura della sentenza in commento, il paziente veniva ricoverato in un centro neurolesi per un ciclo intensivo di riabilitazione per le patologie riportate a seguito di ischemia cerebrale e successiva epilessia.
A causa del peggioramento delle sue condizioni, lo stesso paziente, all’atto dell’esecuzione dell’intervento oggetto di contestazione penale risultava allettato, con edemi diffusi agli arti, catetere vescicale e sondino nasogastrico per la nutrizione.
L’imputata, quale medico in servizio presso il centro di riabilitazione, aveva proceduto alla rimozione del sondino nasogastrico dello spessore di 18 mm ed alla sua sostituzione con altro sondino dello spessore di 14 mm e nel compiere tale operazione, secondo quanto accertato concordemente dai giudici di merito:
– per imperizia, aveva posizionato il nuovo sondino nella trachea anziché nell’esofago, determinando così la perforazione del bronco con conseguente passaggio di materiale alimentare nello spazio pleurico di destra;
– per negligenza aveva omesso di operare i dovuti controlli, secondo quanto prescritto dalle linee Guida e dalle buone prassi, per la verifica del corretto posizionamento del sondino tramite esami strumentali (diagnostica per immagini ed altro);
Le condotte colpose sopra indicate portavano alla morte il paziente presso l’ospedale di Taormina dove era stato trasportato dal centro neurolesi a causa di arresto cardiocircolatorio conseguente a grave insufficienza respiratoria da pleurite di grado severo, otelettassia polmonare e grave idropneumotorace.
Da qui l’imputazione per omicidio colposo.
La Corte d’appello di Messina Firenze confermava la condanna nei confronti dell’imputata tratta a giudizio nella sua qualità di medico in servizio presso il centro Neurolesi in ordine al delitto contestato.
Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.
Contro la sentenza resa dalla Corte distrettuale di Messina proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputata articolando plurimi motivi di impugnazione.
Per quanto di interesse per la presente nota è da porre in evidenza che, con una articolazione difensiva, veniva denunciato vizio di motivazione della sentenza impugnata per non avere adeguatamente vagliato la condotta dell’imputata, la cui colpa poteva essere considerata lieve in relazione alle circostanze del caso concreto.
La Corte regolatrice ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi tratti dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:
“Correttamente nel caso in esame i giudici hanno ritenuto la responsabilità dell’imputata, posto che la stessa non aveva individuato le linee guida da applicare nel caso concreto e comunque se ne era immotivatamente discostata: in particolare aveva omesso di effettuare il controllo radiologico del posizionamento del sondino, tanto più necessario nel caso in esame in ragione delle condizioni del paziente, o comunque la misurazione del pH dell’aspirato e si era affidata ad un metodo quale quello della auscultazione ritenuto pacificamente non affidabile.
I Giudici hanno, dunque, coerentemente rilevato che l’immotivato scostamento della linee guida rendeva nel caso di specie non invocabili le cause di non punibilità sopra richiamate.
La motivazione della Corte in merito alla sussistenza di una grave negligenza è esaustiva e, come detto, si fonda sulla inidoneità della verifica del corretto posizionamento del sondino tramite auscultazione sia in generale, sia soprattutto con riferimento alla specificità del caso concreto (paziente allettato, comatoso, che non aveva riflesso della tosse e risposte a stimoli dolorosi).
Tutti gli indici, valorizzati dalla difesa come sintomatici di un corretto posizionamento non potevano essere considerati tali, per le ragioni evidenziate dal perito e puntualmente richiamate dalla Corte di Appello.
Come imposto dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui nel giudizio sulla gravità della colpa, intesa quale “deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato, rispetto al parametro dato dal complesso delle raccomandazioni contenute nelle linee guida di riferimento” (Sez. 4 n. 18347 del 29/04/2021, Chiappalone, Rv. 281168), deve tenersi conto delle specifiche condizioni del soggetto agente, del suo grado di specializzazione, della situazione specifica in cui si è trovato ad operare e della natura della regola cautelare violata (Sez. 4 n. 15258 del 11/02/2020, Agnello, Rv. 279242), i giudici di merito hanno valutato la posizione dell’imputata e i profili di c.d. personalizzazione del rimprovero: in ragione dell’esercizio della professione all’interno della struttura per neurolesi, [omissis]non poteva ignorare le linee guida che nel caso concreto dovevano essere scrupolosamente osservate proprio per le condizioni specifiche del paziente.
Conforme alla giurisprudenza di legittimità è anche la valutazione della Corte in ordine alla irrilevanza delle prassi interne, non solo difformi rispetto alle accreditate linee guida, ma anche prive di basi scientifiche, quali quelle che secondo la difesa sarebbero state in uso presso la struttura in esame (in tal senso, in motivazione, Sez. 4, n. 13573 del 14/11/2018, dep 2019, Parrinello,Rv. 275799)”
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA