Bancarotta fraudolenta patrimoniale: confermata anche per la testa di legno l’irrilevanza del nesso causale tra i fatti distrattivi ed il fallimento della società.

Segnalo la sentenza numero 42868.2022 – depositata il 10/11/2022, resa dalla sezione quinta penale della Corte di Cassazione, che si è pronunciata, nuovamente, sul ricorrente tema giuridico della rilevanza o meno del nesso causale intercorrente tra i fatti distrattivi contestati ed il fallimento della società, ai fini della integrazione del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha considerato destituita di fondamento la tesi sostenuta dalla difesa dell’imputato con il ricorso di legittimità, per mezzo del quale era stato denunciato vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata, ritenuta carente di adeguata giustificazione in ordine alla consapevolezza da parte di chi aveva assunto solo  formalmente la carica di amministratore  del rapporto eziologico tra gli atti di depauperamento del patrimonio sociale ed il dichiarato fallimento dell’impresa collettiva.

 

Il capo di imputazione ed il doppio grado di merito.

La Corte di Appello di Bologna confermava in punto di penale responsabilità la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’imputato colpevole dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, oltre che di quello di cui all’art. 49-220 I. f., rideterminando le pene accessorie inflitte.

Dalla lettura della sentenza in commento si ricava che i Giudici del doppio grado di merito avevano concordemente ritenuto l’imputato responsabile dei reati a lui ascritti avendo agito quanto meno con condotta connotata da dolo eventuale, discendente dall’assunzione della carica sociale da cui era derivata l’assunzione di specifici obblighi giuridici.

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Contro la sentenza resa dalla Corte distrettuale di Bologna proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato ponendo in evidenza la inconsapevolezza del giudicabile sia per le distrazioni operate da altri (amministratori di fatto), sia in ordine al nesso causale tra le condotte contestate e il fallimento.

La Corte regolatrice ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riporta il passaggio dal costrutto argomentativo della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“E’ infine solo il caso di rammentare che, come già precisato dalla Corte di Appello, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Rv. 266804 – 01; in motivazione, la Corte ha peraltro precisato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza); come del pari pacifico è che sia sufficiente ai fini dell’integrazione della bancarotta fraudolenta distrattiva il dolo generico; sicché il motivo nella parte in cui si appunta nuovamente su tali aspetti è anche manifestamente infondato”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA