Anche la sovrafatturazione per soddisfare mere esigenze commerciali del cliente integra il dolo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Segnalo la sentenza numero 4910/2023 depositata il 06/02/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che si è pronunciata sulla sussistenza della componente psicologica del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, quando la finalità della infedeltà documentale non riguarda direttamente la volontà di agevolare l’evasione fiscale da parte dell’utilizzare delle fatture. 

Secondo la concorde valutazione dei giudici di merito l’imputato, giudicato con il rito abbreviato, veniva condannato alla pena di giustizia per aver commesso una pluralità di reati tributari, tra cui il delitto previsto e punito dall’art. 8 d.lgs. numero 74/2000. 

Contro la sentenza della Corte di appello di Torino interponeva ricorso per cassazione la difesa del giudicabile sostenendo, per quanto di interesse per la presente nota, che doveva essere escluso l’elemento soggettivo del reato, in quanto, la sovrafatturazione, era volta a soddisfare la volontà dei clienti di riversare maggiori spese sul loro committente iniziale, per cui non sussisteva da parte dell’agente rinviato a giudizio alcun intento di consentire a terzi l’evasione delle imposte.

La Corte di legittimità ha rigettato la superiore tesi difensiva per le ragioni indicate nei seguenti  passaggi tratti dalla parte motiva della sentenza in commento:

Ed invero, premesso che non è contestata la sussistenza del reato dal punto di vista oggettivo, deve osservarsi che, per quanto concerne l’elemento psicologico, la Corte di appello, in modo pertinente, ha richiamato le dichiarazioni ammissive dell’imputato, il quale, come riconosce anche la difesa nell’odierno ricorso, ha chiarito come “le richieste di sovrafatturazione fossero dirette a soddisfare la volontà dei suoi clienti di riversare maggiori spese sul committente iniziale“, venendo in altri casi le fatture “utilizzate per far constare al proprio committente un guadagno inferiore al reale, attraverso un fittizio aumento dei costi”.

Non risulta quindi affatto illogica l’affermazione della sentenza impugnata (pag. 13), secondo cui “le dichiarazioni rese dall’imputato non lasciano dubbio alcuno in ordine alla piena consapevolezza e volontarietà della condotta posta in essere dall’imputato nella piena consapevolezza dell’evasione di imposta realizzata accordandosi anche con alcuni clienti dei termini dallo stesso descritte”.

La valutazione sull’esistenza dell’elemento soggettivo del reato risulta peraltro coerente con l’impostazione di questa Corte (cfr. Sez. F, n. 31142 del 11/08/2022, Rv. 283708), secondo cui, ai fini della configurabilità del dolo richiesto dall’art. 8 del d. L.gs. n. 74 del 2000, occorre che l’emittente delle fatture si proponga il fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, come appunto avvenuto nel caso di specie, non essendo peraltro necessario che il terzo realizzi effettivamente l’illecito intento, posto che l’evasione di imposta non è elemento costitutivo del delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ma caratterizza il dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità dell’agente, dolo che nel caso di specie risulta ampiamente comprovato dalle dichiarazioni confessorie di [omissis]”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.