L’intervenuto fallimento della società salva dal reato di omesso versamento delle ritenute certificate l’imprenditore che ha cessato la carica prima della scadenza del termine per il versamento.

Segnalo la sentenza numero 6169/2023 depositata il 14/02/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione terza penale, che si è pronunciata sull’interessante questione giuridica della responsabilità del legale rappresentante di una società poi fallita, rinviato a giudizio per il reato previsto e punito dall’art. 10 bis d.lgs. n.74/2000.  

Il reato tributario oggetto della pronuncia in commento (dopo la sentenza n.175/2022 della Corte Costituzionale) è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e sanziona la condotta del contribuente che non versa, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.

Nel caso di specie, per quanto di interesse, è da porre in evidenza che l’imputazione riguardava gli anni 2013 e 2014 e, per quanto concerne quest’ultimo anno di imposta il termine di legge fissato per il versamento scadeva il 31/07/2015, data in cui la società contribuente era stata già dichiarata fallita.

La Corte di appello di Torino riformava la sentenza di condanna di primo grado limitatamente alla pena inflitta per intervenuta prescrizione dell’illecito fiscale riferito all’anno 2013, confermando la penale responsabilità per il successivo periodo di imposta.  

La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione contro la sentenza resa dalla Corte territoriale torinese denunciando plurimi vizi di legge.

Con una articolazione difensiva veniva sostenuto che l’imputato non poteva avere commesso il reato oggetto di contestazione penale in quanto, alla data della sua consumazione, il soggetto obbligato era la curatela fallimentare e non il legale rappresentante dell’impresa collettiva in bonis oramai spossessata del patrimonio sociale.  

La Corte di legittimità, con la sentenza annotata, ha accolto il superiore motivo di doglianza, annullando senza rinvio la sentenza impugnata per non avere l’imputato commesso il fatto a lui ascritto.

Di seguito vengono riportati i passaggi della motivazione di interesse per il presente commento: 

“In relazione al momento consumativo del delitto contestato, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato, nella sua massima espressione nomofilattica, che il reato di omesso versamento di ritenute certificate, previsto dall’art. 10-bis D.Lgs. n. 74 del 2000, “si consuma con il mancato versamento per un ammontare superiore ad euro cinquantamila (ora centocinquantamila) delle ritenute complessivamente risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti entro la scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale“(Sez. U, n. 37425 del 28/03/2013, dep. 12/09/2013, Favellato, Rv. 255759, secondo cui la fattispecie si distingue da quella di cui all’art. 13, comma 1, D.Lgs.n. 471 del 1997, proprio in quanto quest’ultima punisce con la sanzione amministrativa l’omesso versamento periodico delle ritenute alla data delle singole scadenze mensili).

Quanto, poi, alle conseguenze della apertura di una procedura concorsuale sugli obblighi tributari, si è parimenti affermato che, stante il carattere istantaneo del reato de quo, che si perfeziona alla scadenza del termine di legge, l’apertura del fallimento in epoca successiva al momento di consumazione del reato, non elide la responsabilità del legale rappresentante al momento della scadenza del versamento, in quanto il soggetto attivo del reato di omesso versamento di ritenute è il legale rappresentante in carica al momento della scadenza del termine previsto dall’art. 10-bis, d.lgs. 3 ottobre 2000, n. 74, a prescindere dal fatto che ricoprisse tale carica al momento della presentazione della dichiarazione di sostituto di imposta ovvero della sottoscrizione e del rilascio delle certificazioni ai sostituti. (Sez. 3, n. 2741 del 10/10/2017, Turina, Rv. 272027 – 01).

Tuttavia, a diversa conclusione si deve pervenire, come osservato dal Procuratore generale nella requisitoria scritta, nel caso in cui la relativa dichiarazione, con nomina del curatore fallimentare, sia intervenuta prima del termine ultimo per effettuare il versamento delle ritenute certificate.

In tale situazione, il soggetto tenuto ad adempiere all’obbligo di versamento non può più identificarsi nel precedente legale rappresentante della società e ciò perché l’apertura della procedura fallimentare determina lo spossessamento dei beni con conseguente passaggio della gestione sociale in capo al curatore, secondo le disposizioni (in allora in vigore) di cui al R.D. n. 267 del 1942. 

Curatore del fallimento che, quale sostituto di imposta, è tenuto agli adempimenti fiscali (effettuazione ritenute, presentazione Modello 770 e versamento delle ritenute in presenza di attivo, diversamente il debito fiscale assumerà la natura di debito concorsuale).

Nel caso in esame, risulta che la dichiarazione del fallimento era intervenuta in data 29/12/2014 e, dunque, in epoca precedente alla scadenza del termine per il versamento delle imposte, al 31 luglio 2015, tenuto conto del termine per la dichiarazione per l’anno di imposta 2014, che scadeva al 31 luglio 2015”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.