Bancarotta fraudolenta documentale: la Cassazione ribadisce l’obbligo di adeguata motivazione sul dolo del reato fallimentare.

Segnalo la sentenza numero 22633/2023 –  depositata in data 24/05/2023, resa dalla Suprema Corte – sezione quinta penale, che è tornata a pronunciarsi sul tema dell’obbligo di motivazione posto a carico del giudice del merito che ritiene consumato il reato di bancarotta fraudolenta documentale. 

Nel caso di specie l’imputato era stato rinviato a giudizio nella sua qualità di liquidatore della s.r.l., per avere sottratto, distrutto o comunque occultato i libri e le scritture contabili al fine di procurarsi un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori e comunque avrebbe tenuto le stesse in guisa tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio del movimento degli affari. 

Secondo il concorde giudizio dei giudici di merito il giudicabile era stato ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale risultando provato l’elemento psicologico del reato dalla mancata consegna dei documenti dell’impresa collettiva. 

Contro la sentenza della Corte territoriale di Napoli la difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione deducendo plurimi motivi di impugnazione; con una articolazione difensiva veniva censurata la sentenza di appello per vizio di motivazione  sulla prova del dolo.   

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della difesa annullando con rinvio la sentenza impugnata.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla parte motiva della sentenza in commento di interesse per la presente nota: 

“A differenti conclusioni deve giungersi con riferimento al profilo soggettivo. 

La corte territoriale, infatti, non solo non ha in alcun modo motivato in ordine alla ritenuta sussistenza del dolo, ma non ha neanche specificato, a fronte dell’alternativa contestazione, se questo si configurasse in termini di dolo generico o specifico. 

Si è limitata a rinviare, pur a fronte di uno specifico motivo di censura, alla parallela indicazione offerta in primo grado, dando atto della già rilevata incompletezza della documentazione consegnata al curatore.

Tanto, evidentemente, non è sufficiente, in quanto circostanza priva di efficacia inferenziale rispetto alla sussistenza di una piena rappresentazione e di una conseguente consapevole volizione del fatto (quanto al dolo generico) o di uno specifico intento fraudolento (quanto al dolo specifico).

Viceversa, come correttamente evidenziato dal Procuratore generale nelle sue conclusioni, è da escludersi che il dolo specifico possa essere logicamente inferito dalla semplice sottrazione (omessa consegna) di parte delle scritture contabili, in quanto ciò equivarrebbe a sostenere che, ogni qualvolta l’amministratore non consegna le scritture contabili al curatore, egli persegue sicuramente il fine di celare condotte distrattive (che nel caso in esame non sono state neppure oggetto di condanna) e di danneggiare i creditori. 

In altri termini, così argomentando, il dolo specifico sarebbe in re ipsa”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.