Per la condanna del contribuente imputato del reato tributario di omesso versamento basta provare il dolo eventuale sul superamento della soglia di punibilità.

Segnalo la sentenza numero 21638/2023 – depositata il 19/05/2023, resa dalla Corte di Cassazione -sezione terza penale, che si è pronunciata sulla natura dell’elemento psicologico necessario che connota il reato previsto e punito dall’art.5 d.lgs.n.74/2000, con particolare riferimento al superamento della soglia di punibilità.

Con la sentenza annotata, il Collegio del diritto, dopo aver riportato i due diversi orientamenti sedimentati nella giurisprudenza di legittimità intorno alla natura della soglia di punibilità, nel dirimere il caso di specie ha ritenuto che la condotta tenuta dagli imputati dimostrasse l’accettazione del rischio della consumazione del delitto tributario, integrando così la componente psicologica del reato.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla motivazione di interesse per la corrente nota:

Si è affermato, infatti, che nel delitto di omessa dichiarazione, previsto dall’art. 5 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il superamento della soglia rappresentata dall’ammontare dell’imposta evasa ha natura di elemento costitutivo del reato e, come tale, deve formare oggetto di rappresentazione e volizione, anche a titolo di dolo eventuale, da parte dell’agente (cfr. Sez. 3, n. 7000 del 23/11/2017, Rv. 272578). 

In senso contrario, si è, invece, sostenuto che nel reato di omessa dichiarazione, il superamento della soglia rappresentata dall’ammontare dell’imposta evasa costituisce una condizione oggettiva di punibilità, come tale sottratta alla rappresentazione del fatto da parte del soggetto agente (cfr. Sez. 3, n. 25213 del 26/05/2011, Rv. 250656).

E a tale precedente ha fatto riferimento la corte territoriale in motivazione per disattendere il rilievo difensivo sul punto. 

Orbene, pur sembrando prevalere in giurisprudenza l’orientamento secondo cui, nei reati tributari, il superamento della soglia di punibilità deve formare oggetto del dolo (in questo senso di veda, con riferimento al reato di omesso versamento di IVA, previsto dall’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000, Sez. 3, n. 3098 del 05/11/2015, Rv. 265939), si osserva che, in ogni caso, la condotta di cui si discute è ascrivibile ai ricorrenti quanto meno a titolo di dolo eventuale, costituito, come è noto, dalla consapevolezza che l’evento, non direttamente voluto, ha probabilità di verificarsi in conseguenza della propria azione, nonché dall’accettazione di tale rischio, che potrà essere graduata a seconda di quanto maggiore o minore l’agente consideri la probabilità di verificazione dell’evento (cfr., ex plurimis, Sez. 1, n. 16523 del 04/12/2020, Rv. 281385). 

Sul punto non è revocabile in dubbio che tale consapevolezza ha contraddistinto l’atteggiamento psicologico degli imputati, che hanno omesso dolosamente di presentare, pur essendovi obbligati, la dichiarazione relativa all’anno di imposta 2011, omettendo di dichiarare elementi attivi di notevole entità, pari a 721.213,00, euro, accettando, dunque, il rischio, come si ricava per implicito dalla motivazione della corte di appello, che l’ammontare dell’imposta evasa fosse superiore alla soglia di punibilità di euro 50.000,00, come effettivamente avvenuto, posto che tale ammontare è risultato pari a circa 88.000,00 euro.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA