Confermata la condanna per l’imprenditore in crisi che paga le retribuzioni ai dipendenti ma non versa le ritenute previdenziali.

Segnalo la sentenza numero 23945/2023 -depositata il 05/06/2023, resa dalla Suprema Corte di Cassazione – sezione terza penale, che ha affrontato il tema giuridico dell’eventuale efficacia scriminante dell’adempimento del dovere dell’imprenditore di corrispondere la retribuzione ai dipendenti rispetto alla consumazione del reato di mancato versamento delle correlative ritenute assistenziali e previdenziali.

Nel caso di specie, i giudici del doppio grado di merito, avevano, concordemente,  affermato la penale responsabilità dell’imputato, rinviato a giudizio in ordine al reato di cui all’art.2, comma 1 bis, L.638/1983, per avere, nella sua qualità di rappresentante legale di una società di capitali, omesso di versare all’Inps le ritenute assistenziali e previdenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori tra dicembre 2014 e novembre 2015, per un totale di euro 23.836,15.

Il Collegio del diritto, dando continuità al dominante orientamento di legittimità,  ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per cassazione, fissando il principio di diritto che segue:

“…..In ordine alla prima doglianza, si osserva che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico, ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività di impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare (Sez. 3, n. 43811 del 10/04/2017, Rv. 271189; Sez. 3, n. 20090 del 12/06/2020, Biagini; Sez. 3, n. 20089 del 12/06/2020, Pistilli). 

Neppure soccorre, in questa casistica, il richiamo alla causa di giustificazione di cui all’art.51 cod. pen., in quanto l’adempimento dell’obbligo di corrispondere le retribuzioni ai dipendenti non assume una valenza prioritaria e prevalente rispetto quello di versare i contributi previdenziali. 

Si è infatti affermato che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali non può essere scriminato, ai sensi dell’art. 51 cod. pen., dalla scelta del datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, di destinare le somme disponibili al pagamento delle retribuzioni, perché, nel conflitto tra il diritto del lavoratore a ricevere i versamenti previdenziali e quello alla retribuzione, va privilegiato il primo in quanto è il solo a ricevere, secondo una scelta del legislatore non irragionevole, tutela penalistica per mezzo della previsione di una fattispecie incriminatrice (Sez. F., n. 23939 del 11/08/2020, Rv. 279539). 

Nel caso in disamina, il giudice a quo, con motivazione congrua ed esente da vizi logico-giuridici, ha affermato la sussistenza dell’ elemento soggettivo della fattispecie di reato, in quanto la scelta di destinare le risorse disponibili non all’adempimento dell’obbligo previdenziale, ma al pagamento degli stipendi dei lavoratori, costituisce una scelta imprenditoriale di cui il ricorrente si è assunto la responsabilità, che attesta la piena sussistenza del dolo. 

La corte territoriale, in particolare, ha rilevato che il ricorrente ha omesso di accantonare le somme dovute all’istituto previdenziale, sicché il richiamo a fatti sopravvenuti, quali la condizione di illiquidità della società, non assume alcuna rilevanza ai fini della sussistenza del dolo, avendo il rappresentante della società liberamente scelto di destinare le risorse finanziarie disponibili per far fronte a debiti da lui reputati più urgenti”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.