Omicidio colposo per il medico di pronto soccorso che non rivaluta la iniziale ipotesi diagnostica di colecisti creando le condizioni per il decesso del paziente provocato da appendicite acuta.

Segnalo la sentenza numero 38305/2023 – depositata il 19/09/2023 (udienza pubblica 07/09/2023), resa dalla Corte di Cassazione – sezione quarta penale, che è tornata a pronunciarsi sul tema giuridico del nesso di causalità tra la condotta omissiva ascritta al sanitario ed il decesso del paziente con particolare riferimento alle regole che informano il giudizio controfattuale.

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto fondato l’addebito di omicidio colposo elevato contro l’imputato, per avere  diagnosticato – nella propria qualità di medico di pronto soccorso in servizio presso il nosocomio – con negligenza ed imperizia, una colica biliare da calcolosi della colecisti in luogo di un’appendicite acuta in atto, omettendo di valutare adeguatamente l’esito degli esami ematochimici cui il paziente era stato sottoposto e la sintomatologia da questi accusata; per effetto di tale condotta colposa, quindi, il giudicabile, dimettendo il paziente ne aveva cagionato il decesso, atteso che un intervento di appendicectomia d’urgenza, qualora effettuato alla data del primo ricovero, avrebbe assicurato al paziente stesso una concreta possibilità di sopravvivenza.

La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione contro la sentenza resa dalla Corte territoriale di Salerno articolando plurimi motivi di impugnazione uno dei quali impingente il tema del rapporto eziologico tra condotta ed exitus infausto.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal tessuto motivazionale della sentenza in commento di interesse per la presente nota:

“Con il quarto motivo di impugnazione, il ricorrente ha contestato la motivazione della Corte territoriale in punto di valutazione in ordine alla sussistenza del nesso causale tra la patologia all’origine del decesso del paziente e alla sua evoluzione temporale; specificamente, ha ritenuto che la Corte territoriale sarebbe incorsa in un vizio di omessa pronuncia ovvero di illogicità della motivazione, avendo essa stessa dato atto dell’impossibilità di individuare il momento esatto di insorgenza dell’appendicite e il suo conseguente sviluppo.

II motivo è inammissibile, in quanto omissivo rispetto al necessario raffronto con le ragioni esposte nelle sentenze di merito in punto di sussistenza del nesso causale tra la condotta doverosa omessa e l’evento letale.

Va premesso che, per consolidata giurisprudenza, in tema di responsabilità medica e ai fini dell’accertamento del nesso di causalità, è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia consente l’analisi della condotta omissiva colposa addebitata al sanitario per effettuare il giudizio controfattuale e verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio (Sez. 4, n. 43459 del 04/10/2012, Albiero, Rv. 255008; Sez. 4, n. 26568 del 15/03/2019, Dionisi, Rv. 276340).

 In riferimento alla tematica relativa, nell’esposizione del motivo di impugnazione il ricorrente ha quindi operato una lettura parcellizzata della motivazione resa dalla Corte territoriale; la quale (pag.5 della sentenza), ha invece rilevato che – pure nell’impossibilità di stabilire l’esatto momento di insorgenza della patologia – la stessa dovesse considerarsi pacificamente già in atto al momento dell’ingresso al Pronto soccorso avvenuto il 20 luglio, sulla base dei sintomi prima riassunti (ovvero il dolore addominale in atto e l’infiammazione settica denotata dal livello dei globuli bianchi e della proteina C reattiva).

Considerazioni che, a propria volta, si integrano con quelle contenute nella sentenza di primo grado e nella quale è stato dato atto di come – sulla base di quanto esposto dai consulenti del Pubblico ministero – al momento dell’ingresso del paziente in Pronto soccorso sussistessero comunque “notevoli elementi indicativi di una sofferenza peritoneale”), non adeguatamente valutati dal medico responsabile.

Ne consegue che, anche in relazione alla specifica censura inerente alla valutazione del nesso causale, il ricorrente ha – di fatto – omesso qualsiasi adeguato confronto con le argomentazioni spese dalle sentenze di merito.

Le quali, sulla base della sussistenza dei predetti elementi denotativi di una patologia interessante il tratto peritoneale, hanno evidenziato come il medico di pronto soccorso avesse invece formulato una diagnosi di colica addominale dovuta a una colecistite calcolosa, con un disorientamento diagnostico da considerare causalmente ricollegato al successivo decesso.

Giungendo quindi alla correlativa conclusione in coerenza con i principi in base ai quali risponde di omicidio colposo per imperizia, nell’accertamento della malattia, e per negligenza, per l’omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente (Sez. 5, n. 52411 del 04/07/2014, C., Rv. 261363; Sez. 4, n. 26906 del 15/05/2019, Hijazi, Rv. 276341).

Ne consegue che le argomentazioni della Corte territoriale appaiono pienamente coerenti con i principi relativi alla formulazione del giudizio controfattuale e alla conseguente sussistenza del nesso di causalità con la condotta doverosa omessa; punto in ordine al quale occorre accertare se la condotta doverosa medesima, ove eseguita, avrebbe potuto evitare l’evento, richiedendosi il preliminare accertamento di ciò che è naturalisticamente accaduto (cd. giudizio esplicativo), al fine di verificare, sulla base di tale ricostruzione, se la condotta omessa possa valutarsi come adeguatamente e causalmente decisiva in relazione all’evitabilità dell’evento, ovvero alla sua verificazione in epoca significativamente posteriore e quindi se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato al di là di ogni ragionevole dubbio (Sez. 4, n.23339 del 31/01/2013, Giusti, Rv. 256941; Sez. 4, n. 26568 del 15/03/2019, Dionisi, Rv. 276340; Sez. 4, Sez.4, n. 416 12/11/2021, dep.2012, Castriotta, Rv. 282559).

Principi che, sulla base delle predette considerazioni, sono stati coerentemente applicati dai giudici di merito con un complesso di argomentazioni con le quale il ricorrente ha omesso l’onere di specifico e adeguato confronto.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA