Bancarotta fraudolenta documentale: l’obbligo dell’imputato di consegnare le scritture contabili decorre dalla notifica della sentenza di fallimento e non dalla richiesta del curatore.

Segnalo la sentenza numero 51398/2023 – depositata il 22/12/2023 (udienza camerale 23/11/2023), resa dalla Suprema Corte di Cassazione – sezione quinta penale, che ha affrontato il tema dell’elemento psicologico del reato nella bancarotta fraudolenta documentale – cosiddetta specifica, che, come noto, ricorre quando l’imputato ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili.

La sentenza è di particolare interesse per gli operatori del diritto che si occupano della materia perché chiarisce da quale momento il giudice penale può ritenere che l’imputato ha acquisito la consapevolezza dell’obbligo di consegnare le scritture contabili alla curatela per poi ricavare la prova del dolo specifico (procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori), richiesto per la configurabilità del reato in parola.

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto l’imputato responsabile di bancarotta fraudolenta documentale, per non avere  – consapevolmente – consegnato le scritture contabili al curatore fallimentare, nonostante  il giudicabile avesse ricevuto rituale notifica della sentenza dichiarativa di fallimento.

La difesa dell’imputato proponeva ricorso straordinario per cassazione sostenendo che la mancata richiesta delle scritture contabili al curatore deponesse, di converso, per l’incolpevole inerzia dell’imputato.

Il Collegio del diritto ha ritenuto destituita di fondamento la superiore censura dando così continuità al principio di diritto di seguito riportato:

“…..La scelta della sentenza di cui è chiesta la correzione di attribuire rilevanza esclusivamente alla dedotta omessa notifica della sentenza dichiarativa di fallimento e non alla successiva comunicazione del curatore, pure dedotta nel ricorso, non è frutto di un errore, ma è stata imposta dalla normativa di riferimento, come costantemente interpretata dalla giurisprudenza di legittimità. L’art. 16 n. 3 L. Fall.- secondo cui entro tre giorni la sentenza dichiarativa di fallimento “ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14 — si salda con il successivo art. 17, che prevede che “entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento è notificata su richiesta del cancelliere, ai sensi dell’articolo 137 del codice di procedura civile al debitore, eventualmente presso il domicilio eletto nel corso del procedimento previsto dall’articolo 15, ed è comunicata per estratto, ai sensi dell’articolo 136 del codice dí procedura civile, al pubblico ministero, al curatore ed al richiedente il fallimento.

L’estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e la data del deposito della sentenza”. Peraltro, tali notifiche non ammettono equipollenti (cfr. Sez. V, 23.2.1995, Mínerviní, RIV 200678; Sez. 5, n. 19820 del 06/02/2003,Rv. 224523). Da tali disposizioni la giurisprudenza penale di questa Corte ha tratto il principio secondo cui è con la notifica rituale della sentenza di fallimento e non con la successiva comunicazione del curatore che sorge in capo al fallito l’obbligo di mettere a disposizione le scritture contabili dell’ufficio (da ultimo Sez. 5 – , n. 46796 del 14/10/2021, Ricciotti, Rv. 282382 – 01).

È da questo momento che il fallito acquisisce anche la consapevolezza che rappresenta una delle componenti del dolo specifico della bancarotta documentale.

Non assume, pertanto, alcuna rilevanza la notifica dell’invito del curatore all’esibizione dei libri contabili.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.