Bancarotta fraudolenta documentale per l’imprenditore che non consegna al curatore le scritture contabili adducendo a giustificazione l’assenza del consulente fiscale.

Segnalo la sentenza numero 2120/2024 – depositata 17/01/2024 (udienza pubblica 06/10/2023), resa dalla Suprema Corte di cassazione – sezione quinta penale, che si è pronunciata sul tema della qualificazione giuridica della condotta tenuta dall’imprenditore fallito che non consegna al curatore le scritture ed i libri contabili, giustificando la propria inerzia con l’incapacità adempiere in proprio alle incombenze di legge in assenza del consulente fiscale. 

Nel caso di specie i Giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto l’imputato responsabile di bancarotta fraudolenta documentale specifica in ragione della condotta totalmente inadempiente tenuta verso l’organo della procedura concorsuale, che aveva richiesto ritualmente la consegna delle scritture e dei libri contabili all’imputato, rinviato a giudizio nella sua qualità di titolare dell’impresa individuale fallita.  

Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale di Torino interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato stigmatizzando che il reato ritenuto in sentenza doveva essere derubricato nella meno afflittiva ipotesi della bancarotta semplice, considerato lo stato di crisi dell’impresa che non era più in grado di sostenere le spese di un contabile ed il basso livello culturale del giudicabile non dotato delle competenze per curare autonomamente la gestione contabile.

Il Collegio del diritto ha ritenuto infondata la superiore tesi difensiva dichiarando il ricorso inammissibile.  

Si riportano i passaggi estratti dalla parte motiva della sentenza annotata che hanno fissato il principio di diritto che segue riferito alla ricorrenza del dolo specifico in capo all’autore del reato:

“…..Si rileva, ad ogni buon conto, che la Corte distrettuale, rispondendo all’identica censura sollevata con il ricorso in appello, non si è sottratta minimamente al suo obbligo motivazionale là dove, dopo aver osservato che il delitto contestato si fonda sul dato indiscusso che nessuna documentazione contabile, pur tenuta sino a dicembre 2012, era stata consegnata al curatore, ha evidenziato che la deduzione difensiva, secondo cui l’omessa tenuta della contabilità per il periodo successivo era da ricondursi alla trascuratezza per incapacità del ricorrente, non consente comunque di comprendere come mai l’imputato abbia ritenuto di non consegnare al curatore la documentazione tenuta fino al 2012 e restituitagli dal contabile; tale comportamento, stigmatizza la Corte, con motivazione lucida e priva di aporie, non può che leggersi nell’ottica del dolo specifico in quanto, il fatto che il ricorrente abbia deciso di disfarsi della contabilità precedente in un momento in cui l’impresa era in crisi e il fallimento ragionevolmente preventivabile, rafforza la tesi accusatoria che ha ravvisato in tale agire il « fine di precludere al curatore ogni possibile ricostruzione dell’attività della fallita con evidente pregiudizio dei creditori non consentendo a costoro di verificare se i beni dell’impresa fallita fossero ancora nella disponibilità del suo titolare, se vi fossero crediti da recuperare, se fosse possibile avviare azioni revocatorie». 

Correttamente, dunque, i giudici di merito hanno ritenuto che nel caso in esame fosse configurabile la cd. bancarotta fraudolenta documentale specifica non essendo stati rinvenuti né libri né scritture contabili. 

L’occultamento dei libri e delle scritture contabili, consistendo nella fisica sottrazione di essi alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture. La contestazione di sottrazione, a cui si deve equiparare quella di omessa tenuta delle stesse, combacia, dunque, perfettamente con le emergenze probatorie.

Il quadro ricostruttivo di cui si è detto è da ritenersi ragionevolmente incompatibile con un’ipotesi di trascuratezza colposa e la motivazione offerta dalla Corte d’appello, che ha dato conto anche della specifica funzione delle scritture contabili e della finalizzazione della loro omissione, è del tutto adeguata, completa e priva di manifeste contraddizioni”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.