La Cassazione definisce gli elementi costituitivi della bancarotta fraudolenta impropria da reato societario.

Segnalo la sentenza numero 3197/2024  – depositata il 26/01/2024, resa dalla Suprema Corte – sezione quinta penale, che è tornata a definire il perimetro punitivo della bancarotta fraudolenta impropria da reato societario enunciandone gli elementi costitutivi.

Nel caso in disamina i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto l’imputato responsabile del reato a lui ascritto di cui dell’art. 223, co. 2, n. 1) in relazione all’art. 2621 cod. civ. per avere concorso a cagionare il dissesto della società fallita, mediante la sovrastima delle rimanenze finali rilevate nel bilancio al 31.12.2016, in cui venivano esposti fatti materiali non rispondenti al vero, al fine di occultare le perdite e proseguire l’attività di impresa, in assenza di interventi di ricapitalizzazione o di liquidazione, rappresentando un apparente e fittizio stato di benessere della società, in modo da ritardare la dichiarazione di fallimento.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso interposto dalla difesa dell’imputato annullando con rinvio la sentenza impugnata, ritenendo fondata la doglianza con la quale era stata eccepita la mancata partecipazione dell’imputato all’assemblea che aveva approvato il bilancio mendace oggetto di contestazione,  risultando  il giudicabile estromesso dalla gestione della società alla data del commesso reato.

Di seguito vengono riportati i passaggi della motivazione che tratteggiano i confine della componente materiale e psicologica del delitto fallimentare: 

La condotta materiale.

In via preliminare appare opportuno procedere, per quel che interessa in questa sede, a una sintetica ricognizione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in sede di interpretazione del disposto dell’art. 223, co. 2, n. 1), con particolare riferimento alla fattispecie di causazione o di aggravamento del dissesto, determinata, come nel caso in esame, dalla condotta illecita di cui all’art. 2621 cod. civ in tema di false comunicazioni sociali.

Orbene, come da tempo chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, i fatti di falso in bilancio seguiti dal fallimento della società non costituiscono un’ipotesi aggravata del reato di false comunicazioni sociali, ma integrano l’autonomo reato di bancarotta fraudolenta impropria da reato societario (con la conseguenza, tra l’altro, che i termini di prescrizione iniziano a decorrere non dalla consumazione delle singole condotte presupposte ma dalla data della declaratoria del fallimento : cfr., ex plurimis,  Sez. 5,  n.  15062 del 02/03/2011, Rv.  250092).

Nel corso degli anni la giurisprudenza di legittimità si è attestata sul condivisibile orientamento, secondo cui commette il reato di bancarotta impropria da reato societario  l’amministratore che, attraverso  mendaci  appostazioni nei bilanci, simuli un’inesistente stato di solidità della società, consentendo così alla stessa di ottenere nuovi finanziamenti bancari ed ulteriori forniture, giacché, agevolando in tal modo l’aumento dell’esposizione debitoria della fallita, determina l’aggravamento del suo dissesto (cfr. Sez. 5, n. 17021 del 11/01/ 2013, Rv. 255089) ovvero esponga nel bilancio dati non veri al fine di occultare l’esistenza di perdite e consentire, quindi, la prosecuzione dell’attività di impresa in assenza di interventi di ricapitalizzazione o di liquidazione, con conseguente accumulo di perdite ulteriori negli esercizi successivi, poiché l’evento tipico di questa fattispecie delittuosa comprende non solo la produzione, ma anche il semplice aggravamento del dissesto (cfr. Sez. 5,   n.  42811 del   18/06/ 2014,   Rv.   261759;   Sez.   5,   n.   1754   del

20/09/ 2021, Rv. 282537).

Va, pertanto, ribadito che l’ipotesi di falso in bilancio seguito da fallimento della società di cui all’art. 223, comma 2, n. 1, l.f., costituisce un’ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria e si distingue sia dal falso in bilancio previsto dall’art. 2621 cod. civ., che è reato sussidiario punito a prescindere dall’evento fallimentare, sia dalla bancarotta documentale propria concernente ipotesi di falsificazione di libri o di altre scritture contabili. Pertanto, verificatosi il fallimento, il fatto di cui all’art. 2621, cod. civ.., è assorbito nel reato di bancarotta impropria, mentre concorre con il delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, l.f., ove integrato da condotte diverse dalla falsificazione (cfr. Sez. 5, n. 7293 del 28/05/1996, Rv. 205987; Sez. 5, n. 323 del 3.12.2020).

In altri termini, come affermato dalla dottrina prevalente e dalla stessa giurisprudenza di legittimità in un condivisibile arresto, il delitto di bancarotta fraudolenta impropria da reato societario è strutturato come reato complesso, rispetto al quale un reato societario, tra quelli espressamente previsti dal legislatore ed assunto come elemento costitutivo, deve essere causa o concausa del dissesto societario, pur dovendosi individuare il momento di consumazione del reato nella dichiarazione  di fallimento  (cfr., Sez.  5, n. 32164 del 15/05/ 2009, Rv.”

La componente psicologica.

Quanto all’elemento soggettivo del reato, costante appare  l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, alla luce del quale, in tema di bancarotta impropria  da  reato  societario,  con  riferimento  al reato di cui all’art. 2621, e.e., il dolo richiede una volontà protesa al dissesto, da intendersi non già quale intenzionalità di insolvenza,  bensì quale consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico.(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che  aveva ritenuto sussistente l’elemento psicologico del reato in capo agli amministratori di fatto e di diritto, a fronte della esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica e finanziaria della società, al fine di ottenere l’ammissione al concordato preventivo e, comunque, la  continuazione  dell’attività  d’impresa  mediante manipolazione dei dati contabili e conseguente  falsa  rappresentazione della  situazione  contabile  ai  creditori  e agli  organi  della  procedura cfr. ex plurimis, Sez. 5, n. 50489 del 16/05/ 2018, Rv. 274449, nonché Sez. 5, n. 42257 del 06/05/ 2014, Rv. 260356)”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.