Ricorre l’aggravante dell’interesse pubblico anche se l’accesso abusivo al sistema informatico avviene ad opera del soggetto che non presta più servizio presso l’Ufficio Tributi.

Segnalo la sentenza numero 3206/2024 depositata il 26/01/2024, resa dalla Suprema Corte – sezione quinta penale, che si è pronunciata sul perimetro dell’aggravante prevista dal terzo comma dell’art.615 ter cod. pen. che comporta una risposta sanzionatoria maggiormente afflittiva quando i dati contenuti nel sistema informatico o telematico violato rivestono un interesse pubblico. 

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente,  affermato la penale responsabilità dell’imputato, rinviato a giudizio per il delitto di accesso abusivo a sistema per essersi abusivamente introdotto nella banca dati del programma gestionale I.c.i., per visionare 105 posizioni e ordinare quindi un’operazione di stampa e di annullamento di almeno 87 avvisi di accertamento.

Con il ricorso per cassazione la difesa del giudicabile aveva articolato plurimi motivi di impugnazione, censurando anche la sussistenza dell’aggravante in parola sul presupposto che l’imputato all’epoca dei fatti non operava più presso l’ufficio tributi ove era collocato il data base contenente i dati fiscali oggetto di intrusione.  

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso affermando il principio che segue: 

Inammissibile per manifesta infondatezza è anche il terzo motivo, tenuto conto che la cessazione delle funzioni svolte presso l’ufficio tributi – anche indipendentemente dalla conservazione di mansioni di pubblico ufficiale in altra articolazione dell’ente pubblico – non risulta essere stata accompagnata dalla dismissione delle credenziali. 

Il fatto che il [omissis] avesse conservato la possibilità di accedere alla banca dati, positivamente accertato dalla sentenza impugnata, non è oggetto di contestazione nel ricorso. 

Ora, ai fini dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 360 cod. pen., il giudice deve individuare l’interesse pubblico protetto dalla norma incriminatrice e verificare se la condotta del soggetto attivo non più titolare, al momento del fatto, delle qualifiche di pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio o esercente un servizio di pubblica necessità, abbia, nonostante la cessazione di dette qualifiche, concretamente leso o messo in pericolo l’interesse tutelato. (Sez. 5, n. 8430 del 21/01/2020, Fallo, Rv. 278386 – 01): ciò che appunto emerge dalle due decisioni di merito”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.