Responsabilità del medico ostetrico: la Cassazione torna a fare il punto sulla prova scientifica tra indagine peritale e giudizio controfattuale.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 19386/2019 depositata in data 8.05.2019, resa dalla Corte di Cassazione in materia di responsabilità sanitaria di interesse per gli operatori del diritto e della sanità sul tema della prova scientifica nell’ambito del giudizio controfattuale e della colpa a cavallo tra le due discipline cd. “Balduzzi” e “Gelli Bianco”, alla luce della nota sentenza Mariotti delle Sezioni Unite n.8770/2017.

Il caso clinico, l’imputazione e il processo di merito.

Il sanitario veniva tratto a giudizio nella qualità di medico ostetrico operante presso una casa di cura perché, nel prestare assistenza al parto, cagionava lesioni gravi alla nascitura concretatesi nella paralisi dell’arto superiore sinistro, con indebolimento permanente della funzione prensoria.

Secondo la prospettazione accusatoria, il medico non rilevava i segni indicatori di una distocia alla spalla, omettendo la relativa diagnosi, e non poneva in essere le condotte doverose, quali la riduzione del braccio anteriore del feto, esercitando trazioni eccessive ed improvvide sul vertice fetale determinando la lesione del plesso brachiale dell’artoo superiore sinistro.

Il giudicabile condannato in primo grado per il reato a lui ascritto, veniva prosciolto dalla Corte di appello di Salerno che riformava la sentenza impugnata quanto ai capi penali per l’intervenuta prescrizione del reato, confermando le statuizioni civili ex art. 378 c.p.p.

La Corte distrettuale per pronunciarsi sulla condanna agli effetti civili rinnovava l’istruttoria dibattimentale disponendo una perizia collegiale.

La decisione della Cassazione ed il principio di diritto.

Contro la sentenza di grado di appello veniva interposto ricorso per cassazione per i capi civili della sentenza, lamentando vizi di motivazione afferenti la errata interpretazione della prova scientifica sul nesso causale, segnatamente in tema di giudizio controfattuale.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi di maggiore interesse per gli operatori di diritto estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento:

“ (…)Tanto chiarito, si osserva che correttamente la Corte di Appello, dato atto della intervenuta estinzione del reato di lesioni colpose per prescrizione, ha esaminato funditus il tema della responsabilità dell’imputato, agli effetti civili, pure disponendo il rinnovo dell’istruttoria dibattimentale, al fine di esaminare il tema dell’imputazione causale dell’evento alla condotta omissiva posta in essere dal sanitario.

Così delineato l’ambito del presente scrutinio, occorre richiamare i principi che, secondo diritto vivente, governano l’apprezzamento giudiziale della prova scientifica da parte del giudice di merito e che presiedono al controllo che, su tale valutazione, può essere svolto in sede di legittimità, questione specificamente devoluta dai ricorrenti, anche sotto il profilo del vizio motivazionale. AI riguardo, sì è chiarito che alla Corte regolatrice è rimessa la verifica sulla ragionevolezza delle conclusioni alle quali è giunto il giudice di merito, che ha il governo degli apporti scientifici forniti dagli specialisti.La Suprema Corte è cioè chiamata a valutare la correttezza metodologica dell’approccio del giudice. di merito al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, dep. 13/12/2010, Cozzini, Rv. 248944; Sez. 4, sentenza n. 42128 del 30.09.2008, dep. 12.11.2008, n.m.).

(…)Approfondendo lo studio dei tema in esame, la Corte regolatrice ha da ultimo precisato che nei casi caratterizzati dalla contrapposizione di orientamenti in seno alla stessa comunità scientifica di riferimento, soccorre l’espletamento di perizia dibattimentale(Sez. 4, n. 1886 del 03/10/2017 – dep. 17/01/2018, P.G. in proc. Cappel, Rv. 27194301).Invero, nei casi di compresenza, nel quadro probatorio, di elementi di. natura tecnico-scientifica di segno apposto e di non univoca significazione dimostrativa, il giudice di merito dispone dello strumento privilegiato, dato dalla perizia, da espletarsi nel contraddittorio delle parti e dei rispettivi consulenti tecnici. L’art. 220 cod. proc. pen. prevede, infatti, l’espletamento della perizia ogniqualvolta sia necessario svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedano specifiche competenze di matura tecnica.

 (…)Sulla scorta delle indicazioni espresse dai collegio peritale, la Corte distrettuale ha quindi analizzato il tema del nesso di causalità tra la condotta attesa e l’evento lesivo. La Corte territoriale ha riferito che i periti, escussi in dibattimento, avevano chiarito: che l’associazione d’arto era stata la causa di una distocia di spalla, da intendersi quale condizione di alterazione nella regolare discesa del feto; che in tal caso al sanitario sono imposte manovre codificate dalle leges artis, contenute nelle linee guida di riferimento; e che l’imputato non aveva realizzato alcuna delle prescritte manovre di emergenza. La Corte di Appello ha quindi osservato che doveva ritenersi accertata la sussistenza del nesso di derivazione causale tra omissione ascritta all’imputato e l’evento lesivo. Non sfugge che in sentenza si rinvengono passaggi argomentativi nei quali si sottolinea la difficoltà di pervenire ad un giudizio di tranquillante certezza, sul piano della riferibilità causale dell’evento all’azione del medico, nello specifico settore della responsabilità sanitaria. Si tratta di valutazioni di ordine generale, che esprimono la consapevolezza, da parte del Collegio giudicante, dei parametri valutativi indicati dal diritto vivente, nella materia di riferimento.

(…) Nella verifica dell’imputazione causale dell’evento, cioè, occorre dare corso ad un giudizio predittivo, sia pure riferito al passato: il giudice sì interroga su ciò che sarebbe accaduto se l’agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta. Con particolare riferimento alla casualità omissiva – che viene in rilievo nel caso di specie – si osserva poi che la giurisprudenza di legittimità ha enunciato il carattere condizionalistico della causalità omissiva, indicando il seguente itinerario probatorio: il giudizio di certezza del ruolo salvifico della condotta omessa presenta i connotati del paradigma indiziario e si fonda anche sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico, da effettuarsi ex post sulla base di tutte le emergenze disponibili, e culmina nel giudizio di elevata “probabilità logica”(Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, cit.); e che le incertezze alimentate dalle generalizzazioni probabilistiche possono essere in qualche caso superate nel crogiuolo del giudizio focalizzato sulle particolarità del caso concreto quando l’apprezzamento conclusivo può essere espresso in termini di elevata probabilità logica (Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, dep. 13/12/2010, Cozzini, Rv. 248943).

(…)Tanto chiarito, giova allora ribadire che la Corte territoriale, nel caso di specie, ha richiamato le indicazioni offerte dal collegio peritale, rispetto alla causa della distocia della spalla; ed ha precisato che il giudizio di sussistenza del nesso di derivazione causale tra la condotta omissiva e l’evento lesivo risultava convalidata dal fatto che i periti avevano escluso che la lesione potesse essere stata provocata da fattori intrauterini, come pure da fattori verificatisi nella fase successiva alla estrazione del feto, quale una caduta all’atto del primo bagnetto. Preme poi evidenziare che il ragionamento probatorio sviluppato dalla Corte di Appello si completa con rilievi che attingono anche i profili di condotta attiva, che emergono dall’attività di assistenza prestata dal alla partoriente. In sentenza si sottolinea infatti che esercitò ripetute pressioni sulla pancia della donna, pressioni incaute e del tutto sconsigliate nei casi di distocia di spalla. A questo punto della trattazione è dato rilevare che la Corte territoriale ha precisato che [omissis] non aveva effettuato le manovre codificate dalle leges artis, contenute nelle linee guida di riferimento; e che, anzi, l’imputato non aveva posto in essere alcuna delie prescritte manovre di emergenza, realizzando una condotta che giudici qualificano come “gravemente imperita”. In tali termini, il Collegio ha effettuato valutazioni che destituiscono di ogni conducenza i rilievi svolti dal ricorrente, rispetto all’applicabilità dell’art. 590-sexies, cod. pen., come pure del previgente decreto Balduzzi. Sul punto, la Corte di Appello ha evidenziato che le linee guida di riferimento imponevano specifiche manovre che l’imputato aveva frontalmente omesso di attuare; e che erano state realizzate diverse manovre, del tutto inappropriate rispetto alla situazione concreta.

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Riferimenti normativi sulla responsabilità penalmente rilevante data dalla condotta dell’operatore sanitario

Art 3 Legge8 novembre 2012, n. 189 (conversione del d.l 158/2012):

  • L’esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo.

Art 6 Legge 8 marzo 2017, n. 24:

  • Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio dellaprofessione  sanitaria,  si applicano le pene ivi previste  salvo quanto  disposto  dal secondo comma.
  • Qualora l’evento si sia  verificato  a causa  di  imperizia, la punibilità è esclusa quando  sono  rispettate le  raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate  ai  sensi di legge  ovvero,   in  mancanza   di   queste,  le   buone   pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni  previste  dalle predette linee guida risultino adeguate alle  specificità  del caso concreto».
  • All’articolo 3 del decreto-legge 13 settembre  2012,   158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012,  n. 189, il comma 1 e’ abrogato.

 

 

Art 590 c.p.:

Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309.

  1. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239.
  2. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme [sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle] per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

3.Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Art 590-sexiesc. p:

  1. Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.

2.Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

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Rassegna giurisprudenziale di riferimento per il reato di condotta omissiva del medico nell’espletamento della professione sanitaria

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.412

Alla luce del disposto dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta legge “Gelli-Bianco”), l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico. Pertanto, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia, nell’ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee-guida che risultino adeguate al caso di specie, mantiene una sua attuale validità: ciò in quanto la colpa lieve per imperizia esecutiva delimita l’ambito di irresponsabilità penale del professionista sanitario. In questo sistema normativo, il professionista è tenuto ad attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee-guida, sia pure con gli adattamenti propri della fattispecie concreta (cfr. articolo 5 della legge n. 24 del 2017) e, per converso, lo stesso professionista ha la legittima, coerente pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli. Ne deriva che la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se e in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali.

Cassazione penale sez. IV, 13/04/2018, n.33405

Va rilevato come il tenore testuale dell’art. 590-sexies, introdotto dalla l. 24/2017, nella parte in cui fa riferimento alle linee guida, sia assolutamente inequivoco nel subordinare l’operatività della disposizione all’emanazione di linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge. La norma richiama dunque la l. 24/2017, art. 5, che detta, come è noto, un articolato iter di elaborazione e di emanazione delle linee guida. Dunque, in mancanza di linee guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui alla l. 24/2017, art. 5, non può farsi riferimento all’art. 590-sexies c.p., se non nella parte in cui questa norma richiama le buone pratiche clinico – assistenziali, rimanendo, naturalmente, ferma la possibilità di trarre utili indicazioni di carattere ermeneutico dall’art. 590-sexies c.p., che, a regime, quando verranno emanate le linee guida con il procedimento di cui all’art. 5, costituirà il fulcro dell’architettura normativa e concettuale in tema di responsabilità penale del medico. Ne deriva che la possibilità di riservare uno spazio applicativo nell’attuale panorama fenomenologico all’art. 590-sexies c.p., è ancorata all’opzione ermeneutica consistente nel ritenere che le linee guida attualmente vigenti, non approvate secondo il procedimento di cui alla l. 24/2017, art. 5, possano venire in rilievo, nella prospettiva delineata dalla norma in esame, come buone pratiche clinico-assistenziali. Opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico – operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quali sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato in specifiche circostanze cliniche.

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.39733

In tema di responsabilità penale del medico, il fatto colposo commesso prima dell’entrata in vigore del nuovo articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dalla legge n. 24 del 2017, in ordine al quale risulti qualificata la condotta colposa come caratterizzata da “negligenza” esecutiva esclude in ogni caso l’applicabilità dell’innovata disciplina sanzionatoria. Inoltre, ove il grado di negligenza sia stato ritenuto “elevato”, neppure sarebbe applicabile l’abrogato articolo 3 della legge 8 novembre 2012 n. 189, che sarebbe norma più favorevole rispetto all’articolo 590-sexies del codice penale sia in relazione alle condotte connotate da colpa lieve da negligenza o imprudenza, sia in caso di errore determinato da colpa lieve da imperizia intervenuto nella fase della scelta delle linee-guida adeguate al caso concreto: ciò in ragione proprio dell'”elevato” grado di colpa per negligenza apprezzato nella condotta del sanitario, che rende inapplicabile anche la previgente disciplina.

Cassazione penale sez. un., 21/12/2017, n.8770

Alla luce del principio posto dall’art. 2, IV comma c.p. sulla successione delle leggi penali nel tempo e del connesso tema concernente l’individuazione della legge più favorevole, l’art. 3 della l. 189/12 (abrogato dal successivo art. 590-sexies c.p. della l  24/17), risulta più favorevole in relazione alle contestazioni per comportamenti del sanitario – commessi prima dell’entrata in vigore della l. 24/17 – connotati: a) da negligenza o imprudenza, con configurazione di colpa lieve, in quanto solo per la l. 189/12 erano esenti da responsabilità quando risultava provato il rispetto delle linee guida o delle buone pratiche accreditate; b) da imperizia, con configurazione di colpa lieve, nel momento selettivo delle linee-guida e ciò su quello della valutazione della appropriatezza della linea-guida in quanto coperto da esenzione da responsabilità. Quanto, invece, sempre nell’ambito dell’imperizia, ad errore determinato da colpa lieve nella sola fase attuativa, è ininfluente l’individuazione della legge più favorevole posto che la fattispecie è esente da responsabilità ex art. 3 l. 189/12 ed è altresì oggetto di causa di non punibilità in base all’art. 590-sexies c.p. ex legge 24/17.

Cassazione penale sez. IV, 19/10/2017, n.50078

Nel caso in cui il profilo di colpa consegua al verificarsi di fatti commessi prima dell’entrata in vigore della l. 24/17 e sia individuato nella grave imperizia, ossia sulla violazione delle leges artis, trova applicazione l’art. 590 sexies c.p. introdotto dalla l. 24/17 con conseguente esclusione da punibilità. Ne consegue che l’unica ipotesi di permanente rilevanza dell’imperizia sanitaria può essere individuata nell’assecondamento di linee guida che siano inadeguate alla peculiarità del caso concreto, mentre non vi sono dubbi sulla non punibilità del medico che, seguendo le linee guida adeguate e pertinenti, sia tuttavia incorso in una “imperita” applicazione delle stesse.

Cassazione penale sez. IV, 11/05/2016, n.23283

In tema di responsabilità professionale del medico, la nuova normativa introdotta dall’art. 3 l. 8 novembre 2012 n. 189, secondo cui l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve, ha parzialmente decriminalizzato le fattispecie incriminatrici colpose di cui agli art. 589 e 590 c.p., con conseguente applicazione dell’articolo 2 c.p.. L’innovazione esclude, infatti, la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve, che si collochino all’interno dell’area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica. Ciò comporta, proprio in osservanza dell’art. 2, comma 2, c.p., che, nei procedimenti pendenti all’entrata in vigore del novum normativo, relativi a ipotesi di omicidio o lesioni colpose ascritte all’esercente la professione sanitaria, in un ambito regolato da linee guida, occorre procedere d’ufficio all’accertamento del grado della colpa, giacché le condotte qualificate da colpa lieve sono divenute penalmente irrilevanti.

Tribunale Roma sez. XIII, 16/03/2016, n.5463

L’art. 3 comma 1 del cd. Decreto Balduzzi ha depenalizzato la responsabilità medica in caso di colpa lieve, se il sanitario si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, ma non ha eliso l’illecito civile e l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c. che è clausola generale del “neminem laedere”; il richiamo a tale norma codicistica, tuttavia, non preclude l’utilizzo dei criteri propri della responsabilità contrattuale nei confronti del medico e della struttura sanitaria nelle cause di risarcimento danni da colpa medica.

Cassazione penale sez. IV, 29/01/2013, n.16237

L’art. 3 l. 8 novembre 2012, n. 189 ha determinato la parziale abrogazione delle fattispecie colpose commesse dagli esercenti le professioni sanitarie. La modifica normativa, infatti, esclude la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve, che si collochino all’interno dell’area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica. Alla stregua della nuova legge, le linee guida accreditate operano come direttiva scientifica per l’esercente le professioni sanitarie; e la loro osservanza costituisce uno scudo protettivo contro istanze punitive che non trovino la loro giustificazione nella necessità di sanzionare penalmente errori gravi commessi nel processo di adeguamento del sapere codificato alle peculiarità contingenti. Alla luce della nuova normativa, l’entità della violazione va rapportata agli standard di perizia richiesti dalle linee guida, dalle virtuose pratiche mediche o, in mancanza, da corroborate informazioni scientifiche di base: quanto maggiore sarà il distacco dal modello di comportamento, tanto maggiore sarà la colpa; e si potrà ragionevolmente parlare di colpa grave solo quando si sia in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato definito dalle standardizzate regole d’azione. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa a carico di un medico chirurgo, che, nel corso dell’esecuzione, in una clinica privata, di intervento di ernia discale recidivante, aveva leso la vena e l’arteria iliaca del paziente, causandone la morte, in ragione della novella costituita dalla l. n. 189/2012 che in punto di responsabilità professionale ha escluso la rilevanza penale delle condotte determinate da colpa lieve del sanitario).

Cassazione penale sez. IV, 14/02/2013, n.18573

In tema di omicidio, sussiste il nesso di causalità tra l’omessa adozione da parte del medico specialistico di idonee misure atte a rallentare il decorso della patologia acuta, colposamente non diagnosticata, ed il decesso del paziente, quando risulta accertato, secondo il principio di contrafattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore intensità lesiva. (Fattispecie nella quale il sanitario di turno presso il pronto soccorso non aveva disposto gli accertamenti clinici idonei ad individuare una malattia cardiaca in corso e, di conseguenza, non era intervenuto con una efficace terapia farmacologica di contrasto che avrebbe rallentato significativamente il decorso della malattia, così da rendere utilmente possibile il trasporto presso struttura ospedaliera specializzata e l’intervento chirurgico risolutivo).

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