E’ sufficiente il dolo eventuale per integrare l’elemento psicologico della bancarotta fraudolenta per effetto di operazioni dolose che può concorrere con i reati tributari.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 3786.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di bancarotta fraudolenta per effetto di operazioni dolose, si sofferma sull’elemento soggettivo della fattispecie e sul concorso del delitto fallimentare con i reati tributari.

In particolare, la Suprema Corte, quanto al tema della colpevolezza, enuncia il principio di diritto secondo cui l’elemento psicologico del reato fallimentare è configurato dal dolo generico, che può assumere la forma del dolo eventuale, essendo sufficiente che il fallimento conseguente ad operazioni dolose rappresenti l’effetto di una condotta volontaria, non necessariamente diretta in via intenzionale a produrre il dissesto dell’impresa con accettazione del rischio di cagionarne lo stato di insolvenza.

Il Collegio di legittimità richiama, altresì, il principio di diritto già affermato con altre pronunce, secondo il quale il reato di bancarotta per effetto di operazioni dolose può pacificamente concorrere con i reati tributari, in ragione della diversità della struttura delle fattispecie incriminatrici e dei beni giuridici protetti.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 3786/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolenta per effetto di operazioni dolose, oltre agli approfondimenti sul reato fallimentare che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie, all’imputato, in qualità di amministratore unico della fallita, era contestato il delitto ex art. 216 – 223 co. 2 n. 2) legge fallimentare, per aver aggravato il dissesto della società per effetto di operazioni dolose, avendo omesso di versare le imposte dovute alla società da cui l’impresa aveva acquistato l’azienda.

La Corte di appello di Milano confermava la sentenza con la quale il GUP del locale Tribunale aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

Nella fattispecie di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fallimentare, il fallimento conseguente ad operazioni dolose è solo l’effetto di una condotta volontaria, non intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto attivo dell’operazione ha accettato il rischio della stessa, per cui l’elemento soggettivo è integrato dal dolo generico (Sez. 5, sentenza n. 11945 del 22/09/1999); inoltre, stante la diversa oggettività delle condotte, la diversità sia dei beni tutelati e la struttura dei reati, è pacificamente ammesso il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta e le varie fattispecie di reati tributari (Sez. 5, sentenza n. 30735 del 05/04/2019; Sez. 3, sentenza n. 3539 del 20/11/2015, dep. 27/01/2016; Sez. 5, sentenza n. 40009 del 23/04/2014)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 223 legge fallimentare – Fatti di bancarotta fraudolenta

Si applicano le pene stabilite nell’art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.

Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell’art. 216, se:

1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;

2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società.

Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 216.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. V, 05/04/2019, n.30735

Integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose previsto dall’art. 223, comma 2, n. 2), l. fall., l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto e dei contributi previdenziali e assistenziali che abbia causato il dissesto della società, potendo il reato fallimentare concorrere con quello tributario e con quello previdenziale in ragione della diversità sia dei beni tutelati sia della struttura dei reati.

 

Cassazione penale sez. III, 20/11/2015, n.3539

È configurabile il concorso tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione.

Cassazione penale sez. V, 23/04/2014, n.40009

Integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose ai sensi dell’art. 223 comma 2 n. 2 l. fall. il meccanismo di frode fiscale realizzato attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e la costituzione di apposite società fittizie finalizzate ad ottenere liquidità con gli anticipi bancari e la detrazione dell’i.v.a. sulle merci acquistate e collocate sul mercato a prezzi concorrenziali la cui interruzione abbia provocato il tracollo finanziario e dunque il fallimento della società, potendo il reato fallimentare concorrere con quello tributario per diversità del bene tutelato, dell’elemento oggettivo e di quello soggettivo.

 

Cassazione penale sez. V, 22/09/1999, n.11945

L’art. 223 comma 1 l. fall. prevede due autonome fattispecie criminose; esse, dal punto di vista oggettivo, non presentano sostanziali differenze, mentre, da quello soggettivo, vanno tenute distinte perché nella ipotesi di causazione dolosa del fallimento, questo è voluto specificamente, mentre nel fallimento conseguente ad operazioni dolose, esso è solo l’effetto di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto attivo dell’operazione ha accettato il rischio della stessa. La prima fattispecie è dunque a dolo specifico, mentre la seconda è a dolo generico. Non cade pertanto in contraddizione il giudice di merito che ritenga insussistente il dolo (specifico) diretto alla causazione del fallimento ed, al contempo, ravvisi il dolo (generico) in relazione a singole operazioni distrattive, che hanno determinato il fallimento.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di bancarotta fraudolenta per effetto di operazioni dolose:

Cassazione penale sez. V, 24/09/2020, n.32413

In tema di reati fallimentari, è sufficiente ad integrare il dolo, in forma diretta o eventuale, dell’amministratore formale la generica consapevolezza, pur non riferita alle singole operazioni, delle attività illecite compiute dalla società per il tramite dell’amministratore di fatto. (Fattispecie relativa ai reati di bancarotta fraudolenta documentale e di fallimento per effetto di operazioni dolose di una società “cartiera”, in cui la prova del dolo dell’amministratore di diritto è stata desunta dalla dichiarata conoscenza della indisponibilità di un magazzino a fronte di un elevato fatturato). 

 

Cassazione penale sez. V, 01/07/2020, n.27930

In caso di contestazione alternativa, la decisione che prescelga una delle qualificazioni giuridiche del medesimo fatto proposte, definisce un solo capo della sentenza e non dà luogo alla formazione del giudicato sull’ipotesi di reato esclusa, né ad alcuna preclusione, con la conseguenza che, in caso di impugnazione, la formulazione alternativa viene devoluta al giudice del gravame. (Fattispecie relativa alla contestazione in via alternativa del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta impropria da operazioni dolose causative del dissesto).

 

Cassazione penale sez. V, 25/02/2020, n.12945

La fattispecie di fallimento cagionato da operazioni dolose, prevista dall’art. 223, comma 2, n. 2, l. fall., presuppone una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo, ma da un fatto di maggiore complessità strutturale, riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato e si distingue dalle ipotesi generali di bancarotta fraudolenta patrimoniale, di cui al combinato disposto degli artt. 223, comma 1, e 216, comma  1, n. 1), l. fall. – in cui, invece, le disposizioni di beni societari (qualificabili in termini di distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione) sono caratterizzate, secondo una valutazione “ex ante”, da manifesta ed intrinseca fraudolenza, in assenza di qualsiasi interesse per la società amministrata.

 

Cassazione penale sez. V, 12/12/2019, n.10995

Il fallimento per effetto di operazioni dolose implica la commissione di abusi di gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero di atti intrinsecamente pericolosi per la salute economico-finanziaria della impresa e che postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo – distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione – bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato.

 

Cassazione penale sez. V, 05/04/2019, n.30735

Integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose previsto dall’art. 223, secondo comma, n. 2), legge fall., l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto e dei contributi previdenziali e assistenziali che abbia causato il dissesto della società, potendo il reato fallimentare concorrere con quello tributario e con quello previdenziale in ragione della diversità sia dei beni tutelati sia della struttura dei reati.

 

Cassazione penale sez. V, 15/02/2019, n.22488

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, l. fall., possono consistere anche nella compensazione dell’ingente esposizione debitoria della società nei confronti del fisco con crediti inesistenti, in quanto siffatta operazione, comportando l’azzeramento meramente formale dei debiti, consente alla società di operare e contribuisce, in modo prevedibile, ad aggravare il dissesto della stessa determinando il maturarsi di ulteriori debiti con il fisco.

 

Cassazione penale sez. V, 19/09/2018, n.49506

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2 l. fall., diverse da quelle integranti una condotta distrattiva, possono consistere anche nell’aver omesso, in presenza di una riduzione del capitale sociale al di sotto della soglia di minimo legale, di convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo, o la trasformazione della società secondo quanto imposto dall’art. 2447 c.c.

 

Cassazione penale sez. V, 19/02/2018, n.24752

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali.

 

Cassazione penale, sez. I , 09/03/2018 , n. 14783

Nel caso di fallimento di società di capitali derivato anche da operazioni dolose, protrattesi nel tempo, in danno di soggetto diverso da una pubblica amministrazione ovvero di un ente pubblico, determinanti nel breve periodo un arricchimento del patrimonio sociale, il delitto di bancarotta fraudolenta impropria è configurabile, sotto il profilo soggettivo, quando il dissesto della società come effetto di tali condotte illecite divenga astrattamente prevedibile da parte degli amministratori per effetto della loro concreta previsione dell’accertamento delle pregresse attività illecite da parte del soggetto immediatamente danneggiato da tali attività.

 

Cassazione penale, sez. V , 29/01/2018 , n. 18089

Il delitto di bancarotta impropria ex art. 223, comma 2, n. 2, l.fall . può concorrere con quello di insolvenza fraudolenta ex art. 641 c.p. qualora la condotta di acquisizione di obbligazioni con il proposito di non adempierle si collochi storicamente solo come antefatto di una serie di più complesse operazioni fraudolente finalizzate a causare (od aggravare) il dissesto della società fallita.

 

Cassazione penale sez. fer., 10/08/2017, n.52433       

L’art. 223, comma 2, n. 2, legge fallimentare comprende due ipotesi autonome che, dal punto di vista oggettivo, non presentano sostanziali differenze, mentre da quello soggettivo vanno tenute distinte perché, nella causazione dolosa del fallimento, questo è voluto specificamente, mentre nel fallimento conseguente ad operazioni dolose, esso è solo l’effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto attivo dell’operazione ha accettato il rischio dello stesso, pertanto la prima fattispecie è a dolo specifico mentre la seconda è a dolo generico.

 

Cassazione penal , sez. V , 07/12/2017 , n. 11956

In tema di bancarotta fraudolenta impropria, integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose, previsto dall’ art. 223, comma 2, n. 2, l. fall ., il meccanismo di frode fiscale realizzato attraverso la formazione e l’utilizzazione, mediante annotazione nella contabilità, di fatture per operazioni inesistenti, quando le sanzioni conseguenti all’accertamento ed alla contestazione dell’illecito fiscale abbiano determinato la situazione di dissesto della società.

 

Cassazione penale, sez. V , 14/09/2017 , n. 50081

La presentazione per lo sconto presso diversi istituti bancari delle medesime fatture concreta quelle operazioni dolose che inevitabilmente, aumentando il passivo (ottenendo più anticipazioni a fronte del medesimo ed unico credito), conducono all’aggravamento dello stato di dissesto e, quindi, al fallimento. Una simile condotta integra gli elementi costitutivi della bancarotta impropria e non configura la diversa ipotesi del ricorso abusivo al credito, posto che tale fattispecie si concreta nel caso in cui si ottengano finanziamenti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza, in assenza, quindi, degli ulteriori elementi che caratterizzano il delitto di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, seconda ipotesi, e cioè il cagionare il fallimento attraverso operazioni dolose.

 

Cassazione penale , sez. V , 24/03/2017 , n. 17819

La condotta consistente nella vendita sottocosto di un cespite conferito nel capitale sociale, con acquisizione di liquidità per la società e contestuale vantaggio (anche solo indiretto) dell’amministratore di questa, può integrare infedeltà patrimoniale, ex art. 2634 c.c., ma perché tale condotta venga qualificata come bancarotta fraudolenta impropria, ex art. 223, comma 2, n. 1) l. fall., deve aver cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società.

 

Cassazione penale , sez. V , 14/10/2016 , n. 533

Non è configurabile il concorso formale tra il reato di bancarotta fraudolenta e quello di bancarotta impropria di cui all’art. 223, comma 2, l. fall., che deve considerarsi assorbito nel primo quando l’azione diretta a causare il fallimento sia la stessa sussunta nel modello descrittivo della bancarotta fraudolenta.

 

Cassazione penale , sez. V , 04/10/2016 , n. 47683

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’art. 216, comma primo, n. 2, l. fall. (In motivazione, la Corte ha precisato che, invece, eventuali omissioni nei bilanci, sussistendone i presupposti, possono integrare solo la fattispecie di bancarotta impropria da reato societario).

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