E’ sempre responsabile l’infermiere che non segnala al chirurgo la garza operatoria lasciata nel corpo del paziente.

E’ il principio di diritto fissato dalla quarta sezione penale della cassazione con la sentenza numero 8365/2024 depositata il 27/02/2024,  che  è tornata a  pronunciarsi sul perimetro della posizione di garanzia ricoperta dall’infermiere e della responsabilità penale che può derivare a suo carico nell’ipotesi di violazione della regola cautelare – nella fattispecie  quella che impone il conteggio delle garze operatorie – quando ciò determina un danno alla salute del paziente. 

Secondo l’editto accusatorio  nel corso di un intervento chirurgico di sostituzione del generatore del pace­ maker in uso al paziente, le imputate  rinviate a giudizio nella loro qualità di infermiere, per colpa nell’esercizio della loro attività professionale sanitaria, in cooperazione con chirurgo (giudicato separatamente e condannato con sentenza definitiva), nell’omettere l’attività di conteggio delle garze utilizzate durante l’intervento e di quelle rimanenti al termine dello stesso, cagionavano lesioni personali gravi nel paziente medesimo, in quanto l’omessa rimozione dalla tasca sottocutanea di una garza determinava l’insorgere di un processo infiammatorio ed infettivo prolungato per rimuovere il quale si rendeva necessario un secondo intervento chirurgico. 

I giudici del doppio grado di merito assolvevano le giudicabili per non aver commesso il fatto ritenendo di non poter ascrivere loro alcun addebito colposo. 

La parte civile costituita interponeva ricorso per cassazione articolando plurimi motivi di impugnazione con i quali denunciava vizio di legge e di motivazione, attaccando la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui aveva escluso la posizione di garanzia delle imputate che, viceversa, andava affermata sulla base di principi giurisprudenziali già elaborati ancorché applicati ai medici – chirurghi (sul punto, per eventuali approfondimenti cfr.: https://studiolegaleramelli.it/2018/12/11/sussiste-la-responsabilita-penale-dellintera-equipe-chirurgica-se-il-decesso-del-paziente-deriva-da-una-infezione-causata-da-una-garza-derelitta-nel-cavo-operatorio-prima-della-sutura/ ) 

La Corte di legittimità ha accolto il ricorso annullando la sentenza impugnata, rimettendo il giudizio innanzi al Giudice civile competente per grado.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla sentenza in commento:   

(i) La fonte giuridica dell’obbligo del conteggio delle  garze posto a carico di infermieri e chirurghi.

“Va  premesso  che  la Raccomandazione  del Ministero della Salute n. 2/2008,per la prevenzione ritenzione all’interno del sito chirurgico di garze, strumenti o altro materiale  chirurgico, trova applicazione «in tutte le sale operatorie»  e da parte di «tutti gli operatori sanitari coinvolti nelle attività chirurgiche».

Si tratta di previsioni indirizzate a formalizzare il controllo del campo operatorio, in modo da tendere ad evitare eventi avversi (cd. eventi sentinella), dovuti a difetti della sua ispezione finale, facilitando  «l’emersione della mancata corrispondenza  fra il materiale  utilizzato  e quello estratto».

La Raccomandazione delinea una procedura che scandisce i momenti e le operazioni e precisa che il conteggio ed il controllo dello strumentario devono essere effettuati dal personale infermieristico (strumentista, infermiere di sala) o da operatori di supporto, preposti all’attività di conteggio. Mentre «Il chirurgo verifica che il conteggio sia stato eseguito e che il totale di garze utilizzate e rimanenti corrisponda a quello delle garze ricevute prima e durante l’intervento».

Ancora, è stabilito che la procedura di conteggio deve essere effettuata «a voce alta» e «da due operatori contemporaneamente (strumentista, infermiere di sala, operatore di supporto)».

La lettura della Raccomandazione consente, dunque, di affermare che se il materiale conteggio in entrata ed in uscita delle garze e degli strumenti adoperati è materialmente affidato al personale infermieristico, che deve provvedervi secondo le modalità previste (a voce alta ed in due persone), nondimeno, tutti gli operatori coinvolti nell’atto chirurgico debbono assicurare l’adempimento degli oneri  di  controllo rivolti a scongiurare  l’evento  avverso.

E’ delineato, pertanto, un sistema che prevede la verifica del sanitario sul con­ trollo delle garze, ma l’esecuzione materiale – suddivisa in più fasi – risulta affidata all’esecuzione materiale da parte del personale infermieristico .

(ii) La posizione di garanzia del personale infermieristico rispetto al bene salute costituzionalmente protetto.  

“…..Quanto al tema della colpa professionale dell’infermiere, in linea generale la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha affermato che l’infermiere è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente, gravando sullo stesso un obbligo di assistenza effettiva e continuativa del soggetto ricoverato, atta a fornire tempestivamente al medico di guardia un quadro preciso delle condizioni cliniche ed orientarlo verso le più adeguate scelte terapeutiche (Sez. 4, n. 21449 del 25/05/ 2022, Bisogni,Rv. 283315; in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure l’affermazione di responsabilità dei due infermieri di turno in reparto per la morte del paziente, con evidenti sintomi di edema, conseguente all’omessa attività di monito­ raggio dei parametri vitali nella immediata fase post-operatoria).

Si è sottolineato, peraltro, che l’infermiere, come tutti gli operatori di una struttura sanitaria, è ex lege portatore di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti, la cui salute deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità, per l’intero tempo del turno di lavoro (Sez. 4, n. 39256 del 29/03/2019, Parkhomenko, Rv. 277192; in applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure il riconoscimento di responsabilità operato dalla sentenza impugnata, a titolo di omicidio colposo, di un’infermiera in servizio presso una residenza assistita, per avere omesso di eseguire ed attivare le dovute ricerche di una paziente disabile, notoriamente dedita all’uso di sostanze alcoliche, che, non rientrata in camera da letto dopo cena, era morta nella notte per assideramento, dopo essere caduta a terra nel tragitto tra un padiglione e l’altro della struttura).

Si è altresì evidenziato che l’infermiere specializzato  ha il dovere di attendere all’attività di somministrazione dei farmaci in modo non meccanicistico ma collaborativo con il personale medico orientato in termini critici, al fine non di sindacare l’operato del medico, bensì per richiamarne l’attenzione su errori percepiti ovvero per condividere gli eventuali dubbi circa la congruità o la pertinenza della terapia stabilita (Sez. 4, n. 2192 del 10/12/ 2014, dep. 2015, Leonardi, Rv. 261776; in applicazione del principio la Corte ha confermato la sentenza di condanna per omicidio colposo a carico dell’infermiere professionale, con funzioni di caposala, il quale aveva somministrato un anticoagulante e nell’annotare tale circostanza aveva omesso di segnalare l’incompatibilità dell’antibiotico prescritto benché dalla cartella clinica ne risultasse la chiara incompatibilità con l’allergia del paziente, della quale l’imputato era già ben a conoscenza per ragioni di servizio)”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.